Felicissima di vedere tutti gli eventi in preparazione per il Salone Internazionale del Libro, alcuni anche di collegh* che conosco, per cose che mi interessano.
Io però al Salone quest’anno non ci vado, e spero che nessuna e nessuno ci resterà male, se non rispondo agli inviti sui social.
Ho già accennato a questa mia decisione, in un post passato, magari se troverò il tempo lo chiarirò anche meglio.
Comunque l’ho scritto qui:
Nello scrivere queste parole, che ho impiegato settimane a comporre e che restano spaurenti a risuonare in me, ho capito che non voglio e non posso più partecipare a eventi culturali in cui l’accesso sia condizionato al possesso di green pass.
dal post Leggere distopia in Covidistan
Rispetterò gli impegni presi, naturalmente, quindi mi vedrete in giro ancora per un po’ con le “carte in regola”.
Ma non chiedetemi di impegnarmi a farlo in futuro.
Confido che potremo tornare a vederci liberamente ovunque.
E non dimentichiamo che sin da subito c’è sempre aperto quel giardino, quello oltre il giusto e lo sbagliato: incontriamoci, aspettiamoci, coltiviamoci lì.
Dopo tanti anni di presenza e di incontri, quest’anno per entrare in una Fiera del Libro dovrei mostrare un documento che non significa nulla se non che ci stiamo abituando al controllo e a chiedere il permesso per ciò che invece è un diritto.
Ammiro Uno Editori e Macro Edizioni, che hanno disertato il Salone con la motivazione della contrarietà al green pass. Allo stesso tempo, capisco perfettamente e non giudico (ok, qualche vocetta mi piacerebbe sentirla, ma oh) chi ci sarà per portare avanti il proprio difficile e sudato lavoro.
Che il mondo della cultura ci passi sopra per aprire lo capisco, insomma, bisogna campare (e non lo dico sprezzantemente).
Ma che lo faccia con questa nonchalance, persino con entusiasmo (“e ora riempite i teatri, è un dovere cyvyco!”) santo Cielo, no!, non ce la faccio proprio a farmelo andare bene.

“Con il Salone del Libro verso la normalità, grazie alle ultime disposizioni governative”: ma tenetevela, ‘sta normalità, la normalità come valore è qualcosa che rigetto già tout court, figuriamoci poi con questi crismi!
A chi se ne cura: mi mancherete
Magari non sarà reciproco (LOL), ma in questo momento in cui siamo abituat* ad assistere a spericolati rovesciamenti propagandistici, questa mia fermezza irrilevante, ridicola e utopista potrebbe sembrare pure una cosa seria. Magari no. Magari devo dirlo meglio. O magari no!
Ad maiora

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