“Ustopia”? Anche no. Si chiama fantascienza…

Posso dire che trovo la definizione di “ustopia” proposta da Atwood un po’ superficiale e presuntuosa?

Sennò, anzi, fermə tuttə: inauguro anche io un nuovo genere.
Si tratta del giallo, ma narrato dal punto di vista dei criminali, con atmosfere crepuscolari e incentrato sulle ingiustizie sociali… lo chiamerò soc-iallo!

Non so se il concetto è chiaro: questo dimenarsi per inventare quello che c’è già è quanto meno… sleale.

Lo so che sto usando parole forti. Ma ustopia… de che.
Si chiama fantascienza.

Fantascienza. Esiste e ha un nome.

E quando la scrivi e ti trovi (meritatamente) sotto i riflettori, cosa bella sarebbe dare a cesare quel che è di cesare, e magari usare un po’ del tuo (meritato) spazio per superare uno stereotipo ingiusto e dare alla fantascienza un po’ di quello che è suo e che si merita.

Perché sennò c’è un’altra parola che mi gira in testa, un’altra parola che esiste e che c’è, anche se non tuttə amano riconoscerla.

Ed è appropriazione.

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