Piccola Indie, addio

Piccola Indie, il 24 settembre 2007 ti abbiamo accolta in casa nostra, già adulta, da che vagavi nella smorta campagna di sterpi della periferia di Milano.

Da allora sei stata parte della nostra famiglia, hai fatto amicizia con il gatto pazzo Funky, e poi ci hai aiutata a crescere due figlie. Lo hai fatto con le tue fusa a costante garanzia, con i tuoi pianti quando una bimba piangeva, con la tua presenza affettuosa (oltre i limiti dello stalking, diciamolo), con le tue piccole stranezze e con la tua sensibilità.

Sei cresciuta piano piano, sei stata male quando Funky è morto, poi ti sei ripresa instaurando nuove abitudini con le ragazze che diventavano grandi a loro volta. Avete creato insieme piccoli rituali, come il giro serale sotto le coperte di Sara o l’assaggio-scrocco del pranzo di Stella e solo suo. Avevi dei tic divertenti, come il passarmi tra le gambe decine di volte, e sempre fingendo di passarci per caso e di fretta, durante i miei incessanti travasi di aloe in terrazzo. O il camminarmi sopra il PC quando mi vedevi troppo assorta: quante scene topiche terminate con la classica “chjgliugiyliyftud” delle tue zampacce…

E infine le impuntature da vecchietta di lungo corso… le porte che non dovevano restare chiuse, i salti che non ti riuscivano e che allora fingevi di non voler fare. (Sei sempre stata attenta all’apparenza, alla buona creanza, fino alla permalosità se non ti reggevamo il gioco.) E i borbotti irritati durante le mie meditazioni: proprio non ti piaceva vedermi immobile e altrove… in fondo, il tempo domestico più lungo e profondo è sempre stato mio e tuo, dentro casa ci siamo sempre state noi due, presenti a che tutto viaggiasse sereno, sapendoci vicine durante le rispettive attività, coccolandoci nei momenti di depressione.

Questo secondo le bambine era il mio superpotere familiare: capire sempre cosa tu stessi dicendo e risponderti di conseguenza. E io e te in fondo ci siamo sempre parlate, e non è mai stato un superpotere, ma una facoltà sensibile come l’olfatto o il tatto, che abbiamo sviluppato insieme, non solo amandoci, ma volendoci amare.

Piccola Indie, il 29 luglio di questo 2024 ti sei messa sul tuo cuscino rosso e dopo poche ore di rantoli te ne sei andata.  La morte è stata veloce, senza strazio, quasi leggera, come lo eri tu, però mi addolora non essere stata lì con te, e non essere riuscita a condividere la tua partenza. Sei andata via come sei arrivata: l’hai deciso tu, saltando in braccio a Edi quel lontano 24 settembre, e a un certo punto saltando via. Non ci hai mai dato il controllo, e noi non lo abbiamo mai preteso: siamo state insieme, ci siamo volute bene, ci siamo badate per tutti questi anni… (Ora in famiglia siamo solo umani, e quel mio senso in più è come amputato, e allo stesso tempo mi duole e mi formicola.) È finita, ma è stata bellissima.

Grazie di esserci stata, e grazie di averlo voluto, piccola Indie!