Ferragosto, ovvero il valore del riposo creativo

Il giorno di Ferragosto è il giorno in cui si celebra il riposo. Non da oggi, non dalla nascita della Chiesa cristiana, nemmeno dall’Impero Romano che a sua volta ha mutuato questa festa dalle tradizioni dei popoli italici precedenti ai latini.

La festa dedicata al dio Conso, protettore dei granai e degli approvvigionamenti, è un modo molto saggio per ricordare insieme le fatiche dei raccolti e per prepararsi alle prossime semine, un altro momento di cruciale importanza per l’intero ciclo agricolo.

Ci si riposa e si fa festa, tutto qui.

Ma è veramente tutto qui?

Ogni lavoro lungo ha uno svolgimento fatto di fasi diverse. La fase della pausa e della celebrazione è un momento importantissimo che influisce sul resto del percorso.

Va da sé che anche il lavoro creativo deve includere dei momenti di pausa e di gioiosa “ricapitolazione” di ciò che abbiamo già fatto.

Programmare dei momenti di riposo è importante almeno quanto pianificare il proprio lavoro attivo. Ogni buon musicista e attore conosce bene l’importanza delle pause in una composizione e nel recitato: anche lo scrittore non può prescindervi.

Possiamo considerare diversi tipi di pause:

  • quelle nel corso di una unica sessione di scrittura
  • quelle tra una versione e l’altra dello stesso testo
  • quelle tra la fine di un progetto e l’inizio di un altro
  • quelle forzate: la vita chiama e tu rispondi. Accetti quel secondo lavoro di cui non puoi proprio fare a meno, ti dedichi ai bisogni del figlio che hai messo al mondo, e così via.

Oltre a questi aspetti, ce n’è un altro su cui invece vorrei fermarmi un attimo, perché è molto importante e però è molto sottovalutato: l’importanza di celebrare e celebrarsi.

Ricordi quando è stata l’ultima volta che hai concluso un lavoro lungo e complicato? Magari sei riuscito a laurearti dopo tante incertezze, o hai chiuso una pratica che ti è costata un mare di fatica, o hai finito un corso con un saggio che ti ha creato ansia, ma che poi è andato benissimo.

Ricorda quella sensazione di chiusura trionfale, quel momento in cui il tuo respiro cambia, torna profondo dopo tanti pant pant e tu pensi: ce l’ho fatta!

Io ricorderò sempre cosa ho provato una volta conclusa la presentazione di Studio83 dedicata a Venti Nodi Zero e agli artisti esordienti. Erano almeno una ventina, ci hanno dato fiducia e li abbiamo coordinati in un incontro di letture, musica, arte. Mesi di pianificazione, intoppi anche dolorosi; ci siamo dovute occupare di tutto, dai discorsi concettuali al buffet, dalle opere da valorizzare a dove buttare la differenziata.

E dopo la chiusura della presentazione, rieccomi a casa, in veste di mamma, con una bambina al collo e un gran trambusto di parenti curiosi che chiedevano: racconta!

A sera tardi, una volta a letto, ho spento la luce: il buio mi ha avvolta e mi ha donato una sensazione fisica di felicità dilagante.

Ora è davvero finita. Ce l’ho fatta.

Se ci ripenso mi vengono i brividi.   

Vuoi sapere cosa ho fatto la mattina dopo?

Niente, anzi tutto: mi sono rimessa in pista tra progetti, lavoro, cose da fare, senza concedermi altro, dopo tanta fatica e un gran risultato, che quel singolo momento di gioia.

Tu non fare così!

Regalati, ti prego, il tempo e lo spazio per celebrare quello che hai appena concluso.

Mente cammini tra gli alberi di un bel parco o sgranocchi qualcosa di buono insieme agli amici, fermati e guarda il tuo percorso, ripensa a come è iniziato, a quando avevi ancora tutto da scrivere. Cose belle: ripensa ai momenti di scrittura frenetica, fissa il ricordo di quel fuoco sacro e mettilo tra le tue risorse, perché è la dimostrazione che puoi e che quando vorrai succederà di nuovo.

Cose brutte: considera anche i momenti no, le fermate improvvise, le confusioni. Non rivivere come ti sentivi, non serve: soffermati sul fatto che hai superato tutto, e che ora sei qui, con un lavoro finito e tanta strada dietro di te.

Fermati ora. Immagini cosa si prova? Riesci a vivere anche una piccola parte ciò che hai letto, anche se magari non hai ancora finito ciò che hai cominciato?

Che altro ti serve per convincerti che scrivere è bellissimo e che devi proprio farlo?

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