Il 20 settembre ho presentato alla Libreria Cultora di Milano il saggio “Il femminismo e la parola scritta” di Anna Travagliati.

È stato un incontro piacevole, nel quale abbiamo ripercorso insieme i temi principali del saggio e aperto alcune questioni che hanno coinvolto anche il pubblico, in una discussione partecipata e insieme cordiale.
Il saggio di Anna è un “sunto” dell’attività editoriale delle organizzazioni e delle scrittrici femministe degli Anni Settanta.
Può sembrare un argomento di nicchia, se non di lana caprina, invece leggere la retrospettiva di “Il femminismo e la parola scritta” ci permette di conoscere alcuni aspetti importanti della storia italiana, e alcuni temi letterari che hanno poi influenzato non solo l’intero movimento delle donne, ma la scrittura e la stampa in generale.

I movimenti di rivolta degli anni Settanta hanno modificato profondamente il volto dell’Italia.
“Il femminismo e la parola scritta” di Anna Travagliati
Fra questi, come sosteneva la studiosa Mariella Gramaglia, fu il più tardivo, il femminismo, a ottenere i risultati più duraturi.
Le attiviste dell’epoca, consapevoli dei complessi vincoli che legano il potere alla parola scritta, si adoperarono per conquistare il primo attraverso quest’ultima.
Attraverso testimonianze e documenti, ripercorriamo le tappe del femminismo milanese, dai primi manifesti alle traduzioni, dalle case editrici ai periodici, senza tralasciare le esperienze in cui lo strumento della scrittura si rivelò inadeguato.
Un viaggio nel clima violento e bellicoso, fertile e stimolante degli anni Settanta, per capire meglio il movimento che cambiò l’Italia (anche) con la forza delle parole.
Impossibile non stupirsi di fronte all’attualità e alla forza di quei libri vecchi di quattro decenni. Una vera rivincita, dopo secoli di svalutazione della scrittura femminile.
Il femminismo milanese degli Anni Settanta è stato il nucleo, il momento di svolta che ha permesso lo svilupparsi di altre realtà e ha riversato “a cascata” i suoi temi e modalità sul resto della produzione editoriale, piano piano, nel tempo.
Un po’ come il femminismo stesso: la sua storia, che è andata “a ondate”, ha influito profondamente sulla società e sulla storia umana, portando in primo piano la soggettività femminile e i diritti delle donne.
Anna Travagliati ha riassunto per noi durante la presentazione la storia e le sue articolazioni principali, in modo chiaro e conciso.
Abbiamo parlato di militanze “miste” o “pure”, e di spinte diverse negli stessi movimenti.
Quando un movimento mira a modificare la società in cui vive e lo status quo ci sono sempre due istanze, spesso una è più forte dell’altra, ma ci sono entrambe. Da una parte c’è l’idealismo, l’utopia, cioè il desiderio di arrivare alla luna, potremmo dire. Cioè il desiderio di cambiare profondamente, cambiare in meglio, cambiare il mondo, creare un mondo nuovo.
Anna Travagliati, durante la presentazione
Dall’altra parte, però, bisogna fare i conti con la realtà: la realtà è quella che è, non quella che uno vorrebbe.
Si parte da questo principio anche perchè la politica è una cosa pratica, pragmatica, bisogna agire con caratteristiche del proprio territorio e del proprio tempo tempo, altrimenti non si crea nulla.
Io credo che chiunque aspiri ad agire al di fuori della propria sfera privata debba fare questa scelta, prima o poi.
Un discorso che mi sta molto a cuore (lo so, sono monotona) è quello dell’utopia.

Per questa ragione ho introdotto io il tema delle “ondate”, chiedendo ad Anna di riassumercele, citando la prima ondata femminista, quella delle suffragette. Che manifestavano per le strade e spaccavano vetrine (e il movimento Black Lives Matters sta rendendo chiaro una volta per tutte che con la “buona educazione” non si raggiunge nulla: non si possono rispettare le regole di una società che usa quelle stesse regole per opprimerci, triste ma vero), e che nello stesso tempo sedute alle loro scrivanie scrivevano libri di fantascienza utopica:
Solo nei mondi utopici le donne accedono a tutte le professioni, hanno incarichi pubblici e impegni politici e sociali, solo nei sogni messi su carta le scrittrici di utopie potevano riflettere le loro speranze per un futuro che vedevano ancora lontano dall’avverarsi.
Dal libro “Quando la fantascienza è donna” di Eleonora Federici, Carocci.

Anna ha concluso la sua efficace spiegazione storica in questo modo:
Io penso che il movimento femminista sia stato vincitore. Perché siamo arrivati al punto in cui siamo oggi, quello che le tue scrittrici di fantascienza sognavano cento anni fa. E non avrebbero forse mai immaginato che, ad esempio, la Germania sarebbe stata guidata da una donna. E invece eccoci qua. Forse mirando alla luna alla fine si riesce davvero, magari in modi non previsti, a raggiungere il bersaglio.
Questa conclusione ci ha strappato un applauso 🙂
I temi toccati sono stati poi tanti altri: l’autocoscienza degli Anni Settanta e la sua profonda importanza (e cosa succedeva nei gruppi di donne che si confrontavano su temi intimi e spesso drammatici), l’intersezionalità e le lotte internazionali e intergenere, il rapporto con la piazza e la manifestazione.
Tutto questo grazie al saggio di Anna, “Il femminismo e la parola scritta”, che getta una luce preziosissima e documentata su un momento chiave della nostra storia.
Lo studieremo mai a scuola?
Mentre aspettiamo speranzos*, leggiamo questo libro!
