“Resilienza”: una riflessione

Domanda del venerdì: ma che vi ha fatto di male la parola “resilienza”?

Leggo analisi relative al fatto che una estensione strumentale del concetto viene usata in pratica per fotterci, per farci lavorare di più, per farci beccare più mazzate, pretendendo poi che torniamo interə e in piedi e ringrazianti in attesa della prossima legnata.

Con questo discorso e questa diffidenza, in effetti, concordo in pieno!

Un po’ come venne usata la parola “flessibilità”, quando tolsero le garanzie dei contratti e fecero un bel falò della buona fede della mia generazione.

Il punto però è: che c’entra la parola in sé?

Quella di resilienza è un’idea molto bella, oltre al fatto che è necessaria, dato che nella vita non ci sono solo i padroni (che ci sono, eh) ma anche tantissime cose che ci capitano e che, eh sì, dobbiamo assorbire restando più o meno in piedi.

Le battaglie si vincono restando interiormente calmə.

“Resilienza” è una parola importante, a me non va tanto giù che sia occupata dagli sfruttatori e dai coach della domenica.

Dovremmo continuare a usarla noi, e a usarla bene, ogni volta che serve… non a sproposito ma nemmeno chiedendo scusa.

Sbaglio?