“Se è vero che bisogna lottare contro le situazioni di ogni sorta che generano la sofferenza (Etty spera fermamente che un giorno gli Alleati vincano la guerra), resta comunque il fatto che queste situazioni non obbediscono interamente alla volontà dell’individuo, anche quando si crede infantilmente onnipotente.
Esiste una sofferenza intrinseca al difficile compito degli uomini di ogni generazione di trovare il modo per vivere insieme, un compito inevitabile, che produce incessantemente tanta violenza (…). C’è anche la sofferenza intrinseca alla liberazione personale dai condizionamenti sociali e culturali, liberazione che non avviene senza momenti di sconforto e solitudine. E poi ci sono la malattia, gli incidenti e la morte, ciò che accade agli esseri malati che vediamo soffrire e sparire, ciò che, un giorno, indebolirà e porterà via ognuno di noi.
La sofferenza umana non potrà mai ridursi a un “problema” a cui la scienza e i mezzi tecnologici ed economici offrono una “soluzione” puramente razionale. Se il sapere e i mezzi materiali sono necessari, nel senso che possono diventare una creazione collettiva per affrontare solidamente le miserie e combatterle, essi però non possono risolvere da soli qualcosa che appartiene al mistero della vita.
Il pensiero conduce a una contrazione dello spirito e del cuore, a una incapacità di affrontare degnamente la malattia, il lutto, la violenza e la morte. Etty constata che gli occidentali sono molto poveri e limitati quando devono “vivere la propria anima”: la sentono pochissimo.
L’attuale storia del mondo non ci sta forse ricordando, a nostre spese, che il sapere e la potenza dei mezzi sono insufficienti a eliminare la sofferenza e la violenza? Alla questione della sofferenza che accompagna inevitabilmente l’esistenza in certi momenti – e, per una massa enorme di persone a questo mondo, tutta la vita – ci vuole anche e soprattutto una risposta che venga dall’interno del cuore umano, dal luogo segreto in cui ognuno decide più o meno il senso della propria vita.
In questo senso, la sofferenza non è una fatalità da subire, quando non può essere allontanata, ma un luogo in cui la libertà interiore può manifestarsi in tutta la sua pienezza.”