Comunicazione, divulgazione, mainstream: che fare?

Il 18 aprile, due giorni fa, è morto Valerio Evangelisti, e della cosa ha parlato anche la “grande” stampa, quella che di solito non si occupa molto di letteratura, scrittrici e scrittori di genere.

Purtroppo, i termini con cui la grande stampa ha parlato della dipartita di Evangelisti sono stati a volte scorretti. Ne parla Silvio Sosio su Fantascienza.com, in questo pezzo: No, colleghi giornalisti, Valerio Evangelisti non era il re del fantasy

Immagine da Fantascienza.com

Sono stata felice di leggere questo articolo, tanto educato quanto fermo, perché tocca una questione sulla quale stavo riflettendo in queste ultime ore e in questi ultimi mesi.

Già, perché nemmeno a me era sfuggito il titolazzo “re del fantasy” appioppato a un autore di fantascienza e altri generi, che ci teneva a dire che NON scriveva fantasy; ahimé, è solo l’ultima corbelleria di una lunga serie.

Nell’ultimo paio di anni, infatti, mi è capitato più volte di trovare su grandi testate argomenti dei quali mi occupo, alle volte anche con citazioni dirette al mio e nostro lavoro, come nel caso del solarpunk, o di Futuro Presente, o del lavoro di editing di Studio83.

Ebbene, non c’è stata una volta che non abbia trovato imprecisioni da salto sulla sedia, o veri e propri errori che sarebbero stati evitabili: non dico conoscendo la materia della quale si stava scrivendo, ma anche solo con una rapida googlata che consentisse di farsene almeno un’idea.

Questo è il mainstream al quale noi “nerd” ambiamo? (E al quale, tra l’altro, lo stato versa milioni di euro di “fondi all’editoria”?) Questa fiera dell’arraffazzonamento e della incorrettezza? 🤡

Chi mi conosce sa che sono sempre stata favorevole, e anzi ho sempre lavorato attivamente per una comunicazione allargata e accogliente, per una divulgazione efficace di temi di nicchia, per una ricerca di canali di raggio ampio.

Man mano che questa cosa mi riesce e CI riesce (magari quando qualcuno muore? E si guadagna così l’elemosina di un coccodrillo comunque pieno di boiate?) mi trovo sempre più spesso a domandarmi se ne valga davvero la pena, o se invece non sia il caso di cambiare strada, cercando comunque un necessario dialogo con il pubblico, ma evitando al contempo di precipitare in quel burrone dell’acefalia nel quale ampia parte dei nostri mezzi di comunicazione generalisti sembrano ansiosi di farci saltare insieme a loro.

(E comunque OH, a casa mia la qualifica di mio “collega” te la devi guadagnare, zio!)

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