(Equazioni)

Poco fa, un post letto di striscio su facebook mi ha fatta riflettere.

Proponeva un paragone tra la città nella quale in questi giorni c’è una importante manifestazione libraria e l’altra nella quale in queste ore una folla sconclusionata e berciante sta festeggiando una vittoria calcistica.

Convinta e quasi felice di non essermi recata alla manifestazione libraria, bel contrappasso!, mi trovo circondata dalla turba calcistica, avendo tra l’altro la ventura di abitare a due passi dal quartier generale degli acefalici festeggianti.

Non è un bel vedere: come sono meschine queste folle di maschi ululanti, molesti, su di giri per un clemente giro di giostra dello spettacolo e del capitale, che in nulla cambia la loro vita (d’accordo, magari la rende più sopportabile: cui prodest?) se non in un fuorviante succedaneo di simbolico. Un simbolico che, pure fosse vivo e non liofilizzato, rappresenterebbe comunque qualcosa che rigetto.

Eppure, mi pare di veder nascere un altro paragone, che forse risulterà a qualcuno meno simpatico, meno semplice del primo citato.Il paragone è semplice, forse anche scontato.

E non è un giudizio di valore, capitemi, come detesto un termine così in fondo ancora amo l’altro, è più un raffronto di struttura, di funzione.

Come questo è sport, quella è cultura.

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