A distanza di qualche anno dalla sua prima pubblicazione, il mio romanzo di esordio “Nelson” è tornato in mare con una versione a stampa, nella nuova collana Odissea Narrativa di Delos Digital edizioni.
Questa uscita lo ha riportato all’attenzione di blogger e pubblico, in un contesto forse un po’ cambiato rispetto a quello del 2016: sicuramente più dinamico e più aperto alle scritture sperimentali – come forse è “Nelson”: non tanto dal punto di vista dello stile, quanto da quello del genere letterario.
Ne ha parlato Jessica Dichiara per il blog “Les Fleurs du Mal”, gestito dalla vulcanica Alessandra Micheli.
Sul genere ci possiamo un po’ sbizzarrire.
Leggi QUI la recensione completa: Recensione di “Nelson” di Giulia Abbate a cura di Jessica Dichiara
Sicuramente fantascienza con delle note ucroniche suonate da viaggiatori del tempo che portano scompiglio nei porti temporali in cui approdano.
Romanzo di mare affascinante nell’intreccio, nei luoghi, nei personaggi, nei sentimenti, nei segreti.
(…)
Volendo riassumere tutto con un aggettivo userei intenso.
Intenso come il colore profondo del mare.
L’intensità ci viene regalata dal miscuglio di generi che mi auguro diventi una nuova sfida per il romance, un nuovo porto in cui attraccare, una nuova onda da cavalcare.
Non so dire quanto mi faccia felice questa recensione di Jessica Dichiara.
Mi fa piacere per diversi motivi. Intanto, perché è una recensione positiva e un parere favorevole è sempre un dono. Poi, è su Les fleurs du mal blog che è uno spazio libero, originale e davvero di carattere. GRAZIE!
Mi fa piacere pure per un’altra ragione, più articolata, che ora provo a spiegare.
La mia “politica”, come forse saprete, è di non discutere mai i pareri di lettrici e lettori, anche quando sono negativi. Ciò detto, mi viene naturale contrapporre una recensione come questa ad altri pareri che ho letto sul mio piccolo primo romanzo.
Che non sarà un capolavoro, ma che forse non meritava la pesantezza che a volte ha ricevuto per il fatto di essere un romanzo in cui i generi si mescolano, e quindi non “di vera fantascienza”.
Per il fatto di essere un romanzo in cui ho osato raccontare anche un amore, cosa che per qualcuno evidentemente svilisce la fantascienza.
Per il fatto di essere un romanzo nel quale l’elemento fantascientifico non arriva con il botto e con una struttura canonica(/zzata), ma ha un senso esistenziale, profondo e sfumato come un relitto sommerso che popoli sogni notturni.
Ringrazio Jessica e ringrazio TUTT* i lettori e le lettrici che hanno impiegato il loro tempo a dire cosa pensano di “Nelson”, anche a distanza di anni dalla sua uscita, nel bene e nel male.
Poi, tra loro mi tengo un po’ più care, voi mi perdonerete, le persone che in una storia vedono (bene, male, criticamente, polemicamente) emozioni, personaggi, ambientazioni, creazione… e non solo e in primis quanti grammi di purezza e ortodossia contengano.
Sembrava che fossero tutti feriti, erano uomini cavi, impagliati e senza voce. Il modo in cui si abbassava lo sguardo, si ricordava il proprio padre saltato in aria, vibrava di dolore insepolto. I trattati e le firme, e le leghe internazionali, non significavano nulla, non avevano mai significato nulla ai loro occhi; dopotutto erano profughi, fuggiti il più lontano possibile dai luoghi che li avevano fiaccati, corsi ad arruolarsi in ciò che di più vago, sradicato e fuorilegge avessero trovato.
da “Nelson”
Avevano radici da qualche parte, le avevano avute. Le radici, erano proprio quelle che li facevano tremare, di notte, come a volte succedeva a Nelson. Avevano lasciato tutto, tentato di dimenticare e di fuggire dai propri spettri incarnati. E si erano consegnati a una cricca di liberi servi, pirati senza smalto, alla ricerca dei significati che avevano perduto, dell’integrità, come fosse l’ultima gioia rimasta.
Che cosa sciocca.
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