In questi giorni, la Corte costituzionale statunitense ha cancellato una sentenza che sanciva il diritto di aborto, consegnando i corpi delle donne all’arbitrio di singoli stati, già pronti a roteare catene.
Si tratta di un fatto molto grave e nefasto. Certo è che, come riportato in una pagina di meme (le pagine memetiche sono ormai più profonde di un qualsiasi editoriale mainstream) “Non serve vietare l’aborto sicuro se lo rendi impossibile”, quindi oltre a manifestare solidarietà alle poverine lontane dobbiamo combattere anche qui, e non da oggi.
Per il diritto a questa triste cosa che è l’aborto, che è un dramma e non un “anticoncezionale d’emergenza” (accusa rivolta loro uomini, una delle tante stronzate che dicono per dominarci in un modo o nell’altro), ma un evento luttuoso e traumatico. Che sta solo a noi giudicare, impiegare, ragionare, e deve essere libero e accessibile e basta.
Quello che scrivo in questo post, comunque, non riguarda tanto l’aborto ma la libertà e l’inviolabilità dei corpi.
Scrive sul suo profilo la scrittrice Emanuela Nava:
Perdonate la polemica, ma tutte quelle donne che dicevano “il corpo è mio e lo gestisco io” e non hanno sollevato una obiezione contro i vaccini obbligatori e il green pass, per non nominare anche le demenziali mascherine, come si sentono ora? Lo capiscono che il piano era quello di non renderci mai più responsabili del nostro corpo?
Il punto, oggi, secondo me è proprio questo.
Ho constatato grandi reazioni di fastidio e indignazione, anche da parte di intellettuali e maestre del femminismo, quando in questi due anni ho osato ricordare proprio questa frase: il corpo è mio e lo gestisco io.
Il fatto è che, quando lasci che il mostro esca dal vaso, poi quello mica ci tiene a tornarci dentro. E aver appoggiato l’obbligo sanitario “per il bene comune” significa aver aperto la strada al dominio sui corpi.
E non è che ci volesse fantasia a capire a chi sarebbe toccato poi: qualche tempo fa ho scritto una lettera a una importante realtà femminista, nella quale tra le altre cose domandavo:
“L’obbligo vaccinale non è un obbligo di mettere a disposizione il corpo?
Il supposto ‘bene comune’ della ‘salute pubblica’ non è concettualmente la stessa cosa dei passati ‘bene della specie’, ‘bene della famiglia’ che hanno contributo al dominio sulla donna?
Quale ‘autodeterminazione’ esiste quando condiziono un ‘consenso’ a un ricatto?”
Sentirmi una Cassandra mi provoca solo e sempre grande amarezza e rammarico.
Conservo però la speranza che tante compagne (magari nei miei confronti si considerano ex; fortunatamente ne ho anche di nuove, come la meravigliosa Emanuela Nava ) tornino a ragionare su questo nodo capitale, recuperando lucidità e calma, superando pregiudizi e paura.
Interessante il dibattito che si è creato su facebook, sotto una versione ridotta di questo mio post. Solo qualche stolido “vuoi la libertà di uccidereee” ma per il resto un confronto foriero di spunti.
Io nel frattempo continuo a scrivere, a fare attivismo e a ragionare.
Sperando in tempi migliori, mentre cerco di costruirli.

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