Uno dei lavori accademici (esito a definirli “tesi”) che portai per la triennale in Comunicazione con indirizzo filosofico era incentrato su alcuni aspetti di filosofia estetica di Jean-Luc Nancy.
I suoi “Tre saggi sull’immagine” mi lasciarono in testa alcune riflessioni, qualche illuminazione e tanti giganteschi punti interrogativi, che sono forse la cosa più preziosa che mi ha fatta tornare alle sue pagine, anche in seguito.
Dopo aver chiuso con RomaTre e con l’indirizzo filosofico, ho continuato a leggere Nancy, con la mia pochezza, con la mia sostanziale inettitudine alla filosofia quando si fa dura.
Ho continuato ad arrancare tra le righe, e a chiudere persino interi capitoli, restando con un alveare in testa. Ho continuato a tentare di ragionarci, sempre con poco successo, e in un certo senso a sentirmici legata sempre un po’ di più, proprio per questo – come fossi l’allieva zuccona bastonata dal proverbiale maestro zen, che però è sempre lì a provarci, e alla fine impara almeno a incassare le mazzate, e scusate se è poco.
La cosa che più ho capito resta “Tre saggi sull’immagine”, e anche a quelli sono tornata in seguito con qualche breve e dimenticabile scritto e con questo video che realizzai quando il booktube era agli albori, e che è ancora qui.
(La storia surreale della prima webtv di scrittorə e videorecensioni per cui lo realizzai ve la racconto un’altra volta, c’è un limite fisiologico al disagio che un singolo post può reggere).
Per questo video, incentrato sul pezzo “La rappresentazione interdetta” sulla Shoah, mi sono limitata a scegliere e leggere passi dallo scritto, accompagnandoli con immagini di squallido nulla gentilmente offerte dalla mia spaurente periferia; e intercalando a esse brevi flash di maschere tribali sacre. E perché mai, poi?
Dopo tanti anni, i punti interrogativi mi paiono ancora tremolare nella bruma, ora mi sembra di non capire più nemmeno le immagini, le cose che ci ho messo io. Arranco, torno a smarrirmi nell’alveare. E per questo mi lego ancora, sempre di più.
Adieu, professeur, et merci.


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