Lettere e carcere (con un consiglio di lettura)

La lettera aperta di Christine Assange al mondo, che sta girando in queste ore, tocca con la sua forza e dolente chiarezza.

Cinquant’anni fa, quando ho partorito per la prima volta come giovane madre, pensavo che non ci potesse essere dolore più grande, ma l’ho dimenticato presto quando ho tenuto tra le braccia il mio bellissimo bambino. L’ho chiamato Julian.

Ora mi rendo conto che mi sbagliavo. Esiste un dolore più grande…

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Mi ha fatto venire in mente altre lettere, di percorso opposto, dal figlio prigioniero a sua madre.

Mutatis mutandis, d’accordo: ma in fondo quel tipo di dolore, inferto dalla persecuzione del potere quando cozza contro l’intima determinazione, può accomunare loro che soffrono, e noi che lə ammiriamo e siamo chiamatə al sostegno, alla difesa, all’alzare le loro voci.

Scrive Antonio Gramsci, già in carcere, a sua madre:

“Vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.”

Citazione da “Vita di Antonio Gramsci” di Giuseppe Fiori, Laterza: è questo il mio consiglio di lettura di oggi!

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