“Tutti parlano di pace, ma non si può coltivare la pace all’esterno, se si coltivano nel proprio animo la collera o l’odio.” (Dalai Lama)
Dopo due anni di “guerra al virus”.
Che si è tradotta in terrorismo comunicativo, invito alla delazione e alle divisioni, colpevolizzazione delle persone più giovani finanche bambine, criminalizzazione del dissenso, dileggio delle domande, invito a non curare chi sta male, politiche di segregazione e discriminazione laceranti.
Ora parlano di “difesa della pace”.
Si vestono di arcobaleni. Ma hanno ancora su la mascherina e si mettono l’elmetto.
Apparecchiano nuovi massacri di verità, che è la prima vittima della guerra. Seguita da tutto il resto.
Sicurə che sia il caso di starli ancora a sentire?
Questi mortescialli, questi alti ufficiali della scienza di stato? Questi macellai microfonati della verità?
Perché invece non smettere di essere indifferenti alla guerra perpetrata in casa nostra, su sorelle e fratelli declassati a disertori e nemiche?
Perché non mandare affanculo generali e stati maggiori “dei Migliori”?
Poi potremo citare Gramsci e Rodari.
Dopo.
Nel frattempo c’è chi aspetta in pace. C’è chi è sempre statə in pace anche se è statə privatə dei suoi diritti fondamentali, da esecutori feroci seppur correttamente arcobalenizzati.
Guardatevi un po’ intorno. E perdinci levatevi gli elmetti: ve li hanno messi d’imperio, come succede con le catene.
Pensate che ve li leveranno gentilmente, con un pat-pat sulla spalla e un diploma di coraggio, quando sarà il momento giusto, quando sarà andato tutto bene?
La pace va costruita.
Anche qui.
Da mo’.
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