Esattamente sei anni fa usciva la mia prima (e unica) pubblicazione indipendente: “Stelle Umane”, una raccolta di nove racconti usciti in antologie varie, introdotti dai rispettivi curatori.
Penso sia la pubblicazione self meno pubblicizzata in assoluto, e io la self publisher più distratta e noncurante della storia recente.
A parte questo, continuo a essere contenta di questi racconti e li rileggo con piacere e con sorpresa.
Con piacere perché non sono il tipo di scrittrice che “riscriverebbe tutto diverso”. Quando pubblico qualcosa gli do l’addio, lo lascio al mondo, non tratto i miei scritti come “figli” (per carità) ma come esseri quasi parassiti che mi occupano testa ed energie e di cui finalmente, quando vedono la luce, posso liberarmi.
(Il fatto che poi torni a creare nuovi parassiti indica che la relazione non è così svantaggiosa, in fondo. Le energie che mi prendono, e che mi levano alla presenza e alla vita, mi donano in cambio una morbida placenta multicolore con la quale mi difendo proprio dalla presenza, proprio dalla vita. Ma questo è un altro discorso.)
Tornandoci a mente fresca trovo che questi racconti reggono, che ho fatto del mio meglio e che molti temi che ci ho messo, lasciati nel mondo come fossero messaggi in una bottiglia da un’isoletta deserta, parlano ancora oggi. Parlano proprio a me, dico, che magari nel frattempo mi ero dimenticata di quelle righe, non certo del messaggio.
Per questo li trovo anche sorprendenti, perché mi interrogano direttamente: a che punto sono? Come ho proseguito quella strada concettuale, cosa sto facendo oggi per portare avanti quelle idee, non solo letterarie, ma anche politiche ed esistenziali?
Libertà, responsabilità, conflitto, comunità, potere, sopraffazione, concertazione, amore, fiducia, relazioni familiari, perdita, ricostruzione, tempo, spazio, mondo, e noi lì in mezzo.
Sei anni dopo questa uscita (è passato anche più tempo dalla pubblicazione singola di alcuni racconti), la mia vita è andata avanti, la mia percezione si è direzionata e strutturata, le battaglie certamente si sono drammatizzate, ma hanno assunto anche una dimensione collettiva: ora mi trovo in un contesto non più così deserto, sto su un’isoletta in vista di altre, con zattere che vanno su e giù in un arcipelago di naufraghe e naufraghi capaci anche di ridere, e che tra loro a volte si vogliono anche bene.
La mia personalità di scrittrice, invece, ha seguito un movimento contrario: si è andata a mettere in un grande silenzio, un cono di buio che certamente ha un senso, ma da cui mi è difficile ora uscire. Tant’è che sto su un racconto da due anni, e a volte, spesso, prefiguro il giorno in cui sarò vecchia e deciderò di appendere la penna al chiodo. Non è questo il giorno, ma certo il silenzio non è il miglior alleato per una che ritenga che il dire certe cose sia una specie di suo destino.
Però in “Stelle Umane” tante di queste cose già ci sono, e penso di averle dette in modo già abbastanza chiaro, caso mai sia la vita che domani decidesse di appendere al chiodo me. Se siano dette pure bene non sta a me dirlo, però non ho problemi ad ammettere che sì, secondo me non ho da esserne scontenta.
Racconti nel frattempo ne ho scritti diversi altri, potrei forse tirare fuori una seconda raccolta personale e poi dimenticarmi pure di quella per qualche anno. L’idea ora sfuma dentro questo silenzio nel quale mi trovo, magari un giorno la starò a sentire. Ed è interessante, del resto, che proprio ieri dal nulla abbia ripreso uno di questi racconti, senza ricordarmi della ricorrenza, pubblicando su facebook una citazione che secondo me parla molto di oggi e dell’oggi.
Che altro dire? Che spero che parlino anche ad altre persone, ovviamente. La raccolta in sé ha venduto poco (ho già detto che la dimentico persino io?) ma i racconti sono anche nelle rispettive antologie e hanno fatto bei giri, mi sono tornati indietro con lettrici e lettori che hanno aperto la bottiglia e mi sono venuti a cercare. Con un transatlantico di salvataggio? No, per l’amor di Dio, da quelli continuo a nascondermi con zelo. Sono venute a bordo delle loro zattere e mi hanno insegnato dove sta la loro isoletta, e come risultato non lol trovo niente male.
Davvero niente male.
“Stelle Umane” / Sinossi
Nove racconti fantastici e di fantascienza. Nove viaggi, lontano, tra le stelle e ritorno, alla scoperta di mondi nuovi: i nostri. Domani, forse, ma anche qui e ora. Nove storie nelle quali il fantastico ci aiuta a capire meglio la nostra realtà, a riflettere, a pensare. Anche con il cuore.
Contiene:
“Nove anni”, racconto di fantascienza (sociale/distopica).
Intro di Alberto Cola.
Racconto pubblicato nel 2013 in “Crisis”, a cura di A.Cola e F.Troccoli, Della Vigna Edizioni
“Il nostro seme inquieto”, racconto di fantascienza (sociale).
Intro di Gian Filippo Pizzo.
Racconto pubblicato nel 2014 in “Terra Promessa” a cura di G.F.Pizzo, Edizioni Tabula Fati
“Aspetta, mare nero”, racconto fantastico-horror.
Intro di Alessandro Morbidelli.
Racconto pubblicato nel 2014 in “Canti d’Abisso”, a cura di A.Morbidelli, Origami Editore
“Frammento n.83”, racconto di fantascienza (sociale/distopica).
Intro di Alberto Panicucci.
Racconto pubblicato nel 2014 in “La Maledizione e altri racconti dal Trofeo RiLL”, AAVV, Nexus
“Calendario della semina”, racconto di fantascienza (sociale).
Intro di Francesco Grasso.
Racconto pubblicato nel 2015 in “Ma gli androidi mangiano spaghetti elettrici?” a cura di Grasso, Minicangeli, Mongai, Della Vigna Edizioni
“Mi basta il mirto!” racconto fantastico-horror.
Intro di Roberto Chiavini.
Racconto pubblicato nel 2015 in “La cattiva strada” a cura di G.F.Pizzo, Delmiglio Editore
“Il gestionale” racconto di fantascienza.
Intro di Stefano Tevini.
Racconto pubblicato nel 2016 in “Oltre Venere” AAVV, La Ponga Edizioni
“Uno & trifasico” racconto di fantascienza (sociale/distopica).
Intro di Franco Giambalvo.
Racconto pubblicato nel 2016 in “La Bottega del Fantastico #5″ AAVV, Nuove Vie
“Stelle meravigliose”, racconto di fantascienza (sociale/distopica).
Racconto inedito. (Pubblicato in seguito su ROBOT)
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GRAZIE ad Alberto Cola, ad Alessandro Morbidelli, a Roberto Chiavini, a Luca Ortino, a Stefano Tevini, a Francesco Grasso, a Franco Giambalvo, ad Alberto Panicucci, a Elena Di Fazio per le introduzioni ai racconti. E un pensiero di affetto a Gian Filippo Pizzo, alle cui sollecitazioni devo molti di essi, che mi ha scritto anche lui una introduzione, e che oggi non c’è più.