Ieri sera, nella bella cornice della convention Stranimondi, sono stati assegnati gli annuali Premi Italia, il riconoscimento letterario della comunità di appassionate e appassionati del fantastico.
Io ero in finale, e sono molto felice di aver vinto il premio per il miglior articolo su pubblicazione professionale, assegnato a “Le donne della SF italiana”.
L’articolo è stato pubblicato su Urania Millemondi di luglio 2022. L’articolo racconta il percorso di cento anni (quasi esatti) di fantascienza delle donne in Italia, dai primi dirompenti lavori fino al composito panorama di oggi.
RINGRAZIO chi ha votato questo articolo divulgativo, penso che sia un riconoscimento collettivo: dimostra la sensibilità del fandom verso le voci delle donne, e tributa alle scrittrici un omaggio del quale io non sono che tramite.
Ringrazio naturalmente Urania e il suo direttore Franco Forte, per avermi commissionato questo lavoro e aver voluto ospitare sulle pagine di una pubblicazione storica e importante come Urania il resoconto del percorso storico e letterario delle donne nella letteratura fantascientifica del nostro paese.
Ieri alla consegna del premio ero molto contenta, anche un po’ stanca, data l’intensità dell’esperienza che Stranimondi sempre ci regala: ho ringraziato e sorriso molto, ma avrei dovuto e voluto dire una cosa. Però non ho potuto, perché quella cosa ancora non la sapevo, l’ho scoperta una volta tornata a casa e aver letto la notizia.
La notizia è che la Fiera del libro di Francoforte ha revocato il premio letterario LiBeraturpreis alla scrittrice palestinese Adania Shibli, e glielo ha revocato solo in quanto ella palestinese.
Il romanzo che era stato premiato, “Un dettaglio minore”, narra l’indagine sul destino di un’adolescente beduina che dopo il massacro della sua tribù a opera di soldati israeliani viene da questi soldati stuprata, uccisa e occultata nel deserto. Si tratta di una storia vera, sulla quale Shibli ha innestato una complessa riflessione sull’identità in rapporto alla narrazione dei fatti.
In un’intervista di poco tempo fa, Adania Shibli racconta: “Rifletto sul potere del linguaggio, nel momento in cui ti rendi conto del potere che il linguaggio ha su di te in quanto palestinese. (…) Alcuni nostri villaggi furono distrutti nel 1948, noi in qualche modo sapevamo i loro nomi, ma quei nomi non erano mai riportati sulle mappe. Così, è come se dal paesaggio si dischiudano due differenti realtà linguistiche, e sotto ogni nome o ogni parola c’è l’ombra di un altro nome o parola: che non è accettata, che è stata cancellata o cambiata… questo riguarda anche il nome della mia famiglia, il mio cognome, che dopo la guerra del 1948 è stato cambiato.”
Da fantascientista quale sono, mi colpisce il fatto che Shibli parli spesso di immaginazione, e di ciò che arriva a dividerci, ad annullare anche solo il pensiero di poter in qualche modo convivere.
Il pensiero, questo strumento eccezionale, questa immensa trappola, proprio come la cultura: la cultura che può essere costruttrice di pace, ma si presta altrettanto facilmente a diventare arma di guerra e di distruzione. Questo dualismo è intrinseco alle cose umane, ma mi piace pensare che sia umana anche la possibilità di sublimarlo: voglio credere alla cultura non come una parte né come uno strumento, ma come un movimento, un percorrere un ponte senza mai stabilirsi su una o un’altra sponda, su e giù, avanti e indietro, incontrandosi e conversando, portando storie, parole e anche ombre da una parte all’altra, tentando di scansare tanto le pietre che i doni che ci farebbero fermare.
Voglio quindi dedicare questo piccolo Premio Italia alla scrittrice Adania Shibli, sapendo bene che questo non riparerà il torto che Shibli ha subito dalla Fiera del libro di Francoforte e dall’apparato culturale che questa fiera rappresenta, ma volendo con questo esprimerle, semplicemente, la mia più viva e addolorata solidarietà.