“Macerie”: il mio articolo a tema distopia su Lipperatura

Ringrazio di cuore Loredana Lipperini per aver dato spazio sul suo blog al mio articolo “Macerie”, uscito sul recente Leggendaria. Libri Letture e Linguaggi nello speciale sulla fantascienza “dai margini” curato da Giuliana Misserville.

La presentazione di Loredana Lipperini:

Giulia Abbate è una scrittrice, nonché editor, e mi manda un suo articolo scritto per Leggendaria (questo numero). Si intitola Macerie e affronta la questione della distopia. Affronta il tema con molta acutezza e la ringrazio per aver contribuito a proseguire la discussione sugli Stati Generali dell’Immaginazione.

Nell’articolo, ragiono sulla situazione della distopia, con una tesi: la distopia tradizionale ha subito un processo di appropriazione culturale da parte dell’industria dell’intrattenimento, che l’ha seriamente danneggiata.

Il concetto di appropriazione culturale meriterebbe più spazio, magari ci tornerò: l’appropriazione culturale come studiata e formalizzata dalle accademie statunitensi ha dei tratti ben precisi e illuminanti, che a mio avviso si trovano anche nello sfruttamento ai danni della distopia, al quale abbiamo assistito, a volte senza capirne bene strutture e confini.

L’idea di inviare “Macerie” a Loredana Lipperini mi è venuta leggendo il pezzo, sofferto e accorato, di Massimo Carlotto: “La resa della cultura italiana”.

Mi auguro davvero che, come il mio articolo può essere letto su Leggendaria e su Lipperatura da persone non specializzate e sensibili, l’articolo di Massimo Carlotto sia letto e meditato da scrittori e scrittrici di fantascienza, da voi compagne e compagni del mitologico FANDOM.

Sappiamo tutte quanto appeal abbia “il caso del giallo” su di noi: il successo editoriale di giallisti e gialliste italiane a partire dai Novanta è un incentivo forte, è un caso virtuoso, una dimostrazione di qualcosa… ma di cosa, in effetti? Certo, è indubbio che il giallo abbia “fatto il salto”, e che ha molto da insegnarci, ma… possiamo imparare, dalla sua storia già dispiegata, anche qualche lezione meno dolce?

Le parole di Massimo Carlotto sono una fotografia sinistra, un punto di vista che forse è il caso di tenerci caro tanto quanto l’incentivo, se vogliamo che la nostra letteratura mantenga quel valore culturale, critico, complesso, stimolante che tanto lavoriamo per infonderle ora.

Tutto ciò, in fondo, non è questione risolvibile in tempi brevi, perché da qui si giunge all’annoso dilemma tra riformismo e rivoluzione, che presuppone mille possibili strade, ma che va messo sul tavolo.

Così, parlando lealmente e a viso aperto di fatti (di rapporti di potere, di strutture ideologiche, di dinamiche esistenti) possiamo ragionarci efficacemente, affidandoci alla complessa, conflittuale, interminabile e affascinante conversazione collettiva che è in fondo la cultura.