Trattare con l’editore per pubblicare felicemente

pubblica-th felice-thPer tutti noi che scriviamo, la pubblicazione rappresenta il punto di arrivo di un percorso lungo e faticoso.

Allo stesso tempo, il momento in cui la controparte editoriale (l’editore, o il curatore/la curatrice, o l’editor, insomma, chi può farlo, da ora in avanti lo chiamo per comodità “la CE”) ci dice “Ok, ti pubblicherò!” è a sua volta un momento di partenza. Ci si apre davanti un altro pezzo di strada che nasconde delle insidie potenzialmente letali per la nostra felicità e soddisfazione.

Non parlo del pericolo di avere recensioni negative, o di ricevere stroncature, o di non essere capiti dai lettori e dalle lettrici. [Se la cosa ti preoccupa, leggi: Come ricevere una stroncatura e vivere felici dal blog di Studio83]

Mi riferisco alla “stretta e lunga via” da percorrere insieme alla CE, per far sì che il manoscritto venga trasformato in prodotto librario, con la collaborazione di tutti.

Collaborazione è la parola giusta. Quando viene a mancare, quando non si lavora più insieme, arrivano i dolori. È molto facile del resto che in questa fase si aprano dei contrasti tra autori/atrici e casa editrice.

È anzi quasi fisiologico.

L’autore o l’autrice pensa al proprio testo, alla sua “purezza”. Spesso resiste alle proposte di modifica e cerca di limitare gli interventi altrui al meno possibile.
La casa editrice pensa alla commercializzazione. Spesso tende a semplificare, a uniformare, a tagliare, a sistemare secondo logiche diverse da quelle della scrittura tout court.

“Diversità” e “conflitto” però non significano “termine della collaborazione”. Le istanze sono diverse, il fine è lo stesso. Capito ciò, in questa fase è necessaria intelligenza da entrambe le parti:

  • L’editore deve rispettare il lavoro dello scrittore e dargli sempre l’impressione che il testo viene amato e rispettato anche dalla redazione, e che qualsiasi intervento o modifica viene fatto per il suo “bene” e per portarlo a quanti più lettori possibili.
  • Lo scrittore deve limitare il proprio ego e dare mostra di accogliere di buon grado le proposte dell’editore. Anche quando non è così!

Non a caso ho parlato di “dare l’impressione” e “dare mostra”. Una comunicazione attenta e attentamente ponderata è il fulcro di questo tipo di delicate relazioni e le rende più facili.

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Veniamo al sodo. Esempio pratico.

Ti arriva una mail della CE, la apri e ci leggi richieste irricevibili di modifiche incomprensibili.
Che fare? Ecco i miei consigli:

  • fermati, respira, chiudi la mail e fatti una passeggiata.
  • Il giorno dopo, scrivi una bozza di mail in cui spieghi le tue ragioni.
  • Il giorno dopo ancora, rileggi tutte e due le mail e valuta se le richieste sono così tremende, e se nella tua mail di risposta non è il caso di cedere un po’.
  • Il giorno dopo ancora, una volta deciso a mente fredda cosa accogliere e cosa no, elabora una controproposta e scrivila attentamente. Smorza i toni accesi, lima le asperità e ribadisci gli aspetti positivi: la tua fiducia nei confronti della CE, la tua gioia per la pubblicazione imminente, la tua emozione, il tuo amore per il testo… Non è necessario scrivere tutte queste cose, basta infonderle: il tono di una comunicazione può fare la differenza tra il suo successo o il suo fallimento, e spesso è quello che salva la relazione.

Tre giorni sono passati! Come ti senti, oggi? Ancora indignato… o un tantino più bendisposto?

A volte tre giorni non ci sono: i tempi sono stretti e l’editore, ingrato e arrivista, vuole una risposta ora, subito, ieri!
Esci e fatti una passeggiata lo stesso.

Prenditi tutto il tempo e quanto più tempo possibile per calmare le emozioni e permetti anche alla mente di carburare con il giusto equilibrio. Le parole d’ordine sono pausa, calma, riflessione, accoglimento.

La migliore strategia per non trovarsi in una pericolosa stasi dei rapporti è quella di elaborare sempre proposte alternative presentate in modo convincente.

Esiste un’alternativa. C’è sempre una terza via, la quale non è una combinazione delle altre due. E’ una via differente.
David Carradine
Chiaro?

Diciamocela tutta.
Capiterà che qualche decisione finale della CE non ti piacerà.

diario-th È successo anche a me. Ho pubblicato una quindicina di racconti [se ti interessa, ecco l’elenco dei principali: Giulia Abbate – Racconti]. Ognuno in un volume diverso e per editori, curatori e argomenti differenti.
Partendo dall’editing, passando per un certo tipo di grafie, arrivando a copertine opinabili e titoli migliorabili, più di una volta ho ingoiato quelli che mi parevano rospi.
Allo stesso tempo, però, ogni mia pubblicazione mi ha portato cose buone.
Ho conosciuto colleghi e colleghe, ho ottenuto lettori e lettrici, ho letto buoni pareri sui testi, ho un ottimo rapporto con diverse CE che mi hanno pubblicato. Anche con quelle di cui non ho condiviso le scelte al cento per cento.

Ogni pubblicazione, anche quella che lì per lì avrei avuto voglia di rifiutare per il bene del mio prezioso orgoglio… è servita a qualcosa e mi ha reso ottimi servizi.

Ricorda infatti che tutti abbiamo dei limiti. Loro, certo, ma anche tu.

Tu sei un bravo scrittore, un’ottima scrittrice.

Tu non sei editore, redattrice, editor né grafica, per lo meno nel caso in esame. Tu stai da una parte, dall’altra ci sono le figure professionali che si occupano della pubblicazione-commercializzazione-successo del testo.

Quindi, una parola: molla.

  • Se proprio non riesci a convincerli.
  • Se non ti sta bene niente e su qualcosa devi necessariamente cedere.
  • Se il compromesso ti stanca e vorresti solo riprenderti tutto e richiuderlo (richiuderti?) nel proverbiale, sicuro cassetto.
  • Perfino se ti accorgi di qualcosa che non va dopo la pubblicazione (a me è successo: editing non annunciato né concordato che ho trovato sul libro già in vendita).

…molla! Prendi atto che nel complesso mondo editoriale non tutto è sotto il tuo controllo. Quando avrai familiarizzato con questa difficile realtà, potrai aggiungere un tassello: quello della fiducia.

Nel caso in cui il compromesso sia impossibile, fidati. Affidati alla competenza dell’editrice, che dopotutto lavora per pubblicare testi che arrivino al pubblico. E non chiuderti: fai la tua parte, come e dove puoi, perché tutto vada bene.

Chiedo molto, lo so. Ma credimi, sono passi necessari per elevarti e imprimere un’accelerazione alla tua strada.
Ti renderà profesisonale.
Ti farà soffrire di meno.

(E dopotutto, nessuno ti obbliga a stracciare la versione del testo che a te piace di più! Conservala, potrebbe servirti in futuro per riproporla… o per aiutarti a capire che era giusto cambiarla.)

Non è un singolo testo che fa lo scrittore e la scrittrice: ogni pubblicazione è un capitolo della tua storia letteraria. E come ben sai, ogni storia è fatta di successi, di insuccessi, di lezioni apprese e di belle sorprese impreviste.

Parlando di imprevisti, esistono comunque delle strategie per limitarli.

Alcune sono istituzionali: il classico paravento per le brutte sorprese è il contratto editoriale, che puoi e devi negoziare.

Prima ancora di arrivare al contratto, compilare una dichiarazione programmatica è un buon modo per chiarire a te, ed eventualmente a editori presenti e futuri le tue priorità, le tue richieste e i tuoi modi di lavorare.

Un simile documento, perché di questo si tratta, non è facile da mettere insieme ma può essere risolutivo. Puoi sottoporlo a più editori nel corso del tempo. Inoltre, diventa uno strumento di lavoro utile a te: cambia insieme alle tue priorità, ti dona chiarezza e precisione e ti aiuta a riflettere sulla tua storia passata e futura.

Cosa ne pensi? Hai mai avuto una delusione editoriale? E una bella sorpresa post-pubblicazione? Pensi che la comunicazione sia importante? E come ti sembra il mio discorso sulla fiducia? Fammelo sapere 🙂

E viva il rospo, vittima di ingiusta metafora! :-)
E viva il rospo, vittima di ingiusta metafora! 🙂

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