Sabato 6 ottobre ho avuto il piacere di partecipare come ospite e come relatrice alla convention Stranimondi, dedicata al libro fantastico e di fantascienza.
Se non sai cos’è Stranimondi, puoi leggere un report della due giorni di libri e presentazioni sul blog di Studio83: Studio83 a Stranimondi 2018: ecco com’è andata!
Io ero lì per tanti motivi:
- in veste di appassionata, dato che amo la fantascienza e il fantastico;
- in veste di operatrice del settore, e questo per me significa basicamente la possibilità di incontrare tanti colleghi e colleghe, alcuni di loro diventati ormai amici e amiche, e passare bel tempo insieme;
- in veste di relatrice: ho tenuto una conferenza dal titolo “Didattica della fantascienza“, ovvero una relazione su come scrivere fantascienza bene oggi, in tandem con Franco Ricciardiello, autore eccezionale e Premio Urania, ed Emanuele Manco, giornalista, editor e saggista preparatissimo;
- in veste di finalista al Premio Italia, il maggior riconoscimento italiano per le scritture di fantascienza, tributato dall’associazione Italcon e deciso dal voto di migliaia di appassionati e appassionate.
Ero in finale in due categorie, lo avevo raccontato anche qui sul blog:
- Miglior articolo pubblicato su sito amatoriale, con il post “Octavia Butler e l’allegoria dell’empatia;
- Miglior racconto pubblicato su sito amatoriale, con il racconto “Fuga da Calypso14”.
Con molta gioia posso dire che:
- libri e storie fantastiche ce n’erano a volontà, e da lettrice sono uscita di lì praticamente in overdose;
- gente che conosco ne ho trovata tanta, e ho conosciuto anche persone ancora nuove. Sono grata per la stima e per l’amicizia che mi è stata tributata da tutti e tutte loro;
- la conferenza “Didattica sulla fantascienza” è andata benissimo sotto tutti i punti di vista! Stiamo lavorando a dei report che diano anche a chi non c’era un’idea dei contenuti e qualche consiglio utile per scrivere bene fantascienza;
- ho vinto il Premio Italia in tutte e due le categorie 😀
La cosa più notevole è che non ho assolutamente idea di come sia successo.
Ho fatto pochissima promozione e inviti al voto, dato che ero in un periodo di lavoro intenso. Concorrevo in categorie particolari, dove me la giocavo con nomi molto forti e contenuti davvero validi. Al netto del mio impenitente ottimismo (d’altra parte se questo blog si chiama così un motivo c’è) non pensavo davvero di vincere e la finale era un risultato che mi sorprendeva già abbastanza, e mi andava benissimo così.
Sono stata votata. Quello che ho scritto è stato apprezzato.
È tutto quello che so.
Posso aggiungere un’altra cosa: avevo scritto il racconto “Fuga da Calypso14” per un contest letterario, SFIDA, il concorso riservato a chi è stato pubblicato almeno una volta dal Trofeo RiLL. Il racconto era stato apprezzato, ma non fu scelto tra i vincitori. Poco più tardi lo proposi a un gruppo di autori e autrici che avevano aperto un blog di fantascienza italiana: il curatore del blog mi chiese di fare delle modifiche importanti al racconto. Che non ho fatto: un po’ perché non mi parevano coerenti rispetto all’idea del racconto stesso, un po’ perché non avevo tempo.
Quindi il racconto è stato rifiutato due volte prima di vincere il premio come uno dei due migliori racconti di fantascienza di quest’anno. (“Saltare avanti” di Linda De Santi è il migliore su pubblicazione professionale!)
E quindi resta sempre valido il discorso che il fallimento non è un incidente, ma una tappa imprescindibile per riflettere su alcune cose e fare un vero percorso di crescita.
[Ne ho parlato nella mia serie di post “Vuoi pubblicare? Devi fallire! – La sintesi: Come pubblicare superando i fallimenti]
Detto questo… lo ammetto, ti ho mentito: non so assolutamente come fare a vincere un Premio Italia!
Così, ho pensato di chiederlo a chi lo ha vinto a sua volta.
Le categorie erano ben diciotto, qui puoi leggere l’elenco completo dei premiati e delle premiate con il Premio Itala 2018.
Ad alcuni di loro mi unisce una profonda amicizia. Altri li stimo e ci ho lavorato insieme. La prima cosa non esclude la seconda. Non c’è cosa più bella di conoscere qualcuno che stimo per come lavora, di scoprire affinità caratteriali e conseguentemente aggiungere anche l’amicizia personale alla considerazione professionale. Io mi regolo così. Per me non è “solo” lavoro.
Ne ho parlato anche nel post “Il circolo virtuoso della pubblicazione”.
Insomma, ho contattato qualcuno di loro, tra quelli che conosco, e ho chiesto: come hai fatto?
Come si fa a vincere il Premio Italia?
Ecco cosa mi hanno risposto!
Linda De Santi ha vinto il Premio Italia per il miglior racconto su pubblicazione professionale: il suo “Saltare avanti” si è aggiudicato anche il prestigioso Premio Urania Short nel 2017. Linda mi ha detto delle cose preziosissime. Sono davvero grata di averle lette e di poterle condividere anche con te.
Faccio una premessa fondamentale: la gran parte delle mie giornate la passo in ufficio a fare un lavoro che non potrebbe essere più lontano dalla scrittura. Si sa, c’è la crisi, le aziende contemporanee devono essere competitive eccetera, così le mie dieci ore quotidiane al pc di lavoro non me le toglie nessuno.
Scrivo sempre nel fine settimana, normalmente la domenica. Mi alzo al mattino e, invece di andare a fare shopping o un giro in macchina, scrivo. Di solito sono in uno stato mentale a metà tra l’euforia e l’ansia: euforia perché finalmente ho la possibilità di fare una delle cose che più mi piacciono dopo aver passato l’intera settimana a pensarci, ansia perché so che, se non arriverà l’ispirazione, avrò sprecato il poco tempo a disposizione ( tra l’altro, “Saltare avanti” parla proprio di questo: di tutto il tempo della nostra vita che sparisce in un istante, perso in mille giornate lavorative sempre uguali).
Oltretutto, sono una scrittrice lenta. Impiego un sacco di tempo a scrivere una pagina, poi rileggo e ho voglia di cambiare tutto (perché con la scrittura è così, non gliela puoi dare vinta).
Devo essere onesta? È una vitaccia.
Spesso si tratta di fare un sacco di fatica e di rinunciare al poco tempo libero in cambio di niente. Qualche pubblicazione, magari, e le opinioni e i complimenti scambiati via mail con gli amici lettori/scrittori.
Potrei godermi il tempo libero facendo qualcosa di più rilassante. Eppure non lo faccio. Ogni domenica sono lì, davanti alla tastiera, ansiosa e euforica, a pensare che non ha senso. Ma che, alla fine, non ne posso fare a meno, perché è una cosa che amo.
E continuo a scrivere, anche se spesso cestino tutto alla fine della giornata.
Come si vince il Premio Italia? Chi lo sa.
Forse continuando a fare ciò che ti rende felice nonostante ti manchino il tempo, il senso, le energie. Nonostante ci sia una voce nella tua testa che ti chiede chi te lo fa fare, e tu la senti, annuisci mestamente, bevi un sorso di caffè e l’istante dopo stai già pensando a come iniziare il paragrafo successivo.Io la penso così.
Linda De Santi
Francesco Verso ha vinto il Premio Italia come miglior curatore. Ho avuto il piacere di leggere il suo ultimo romanzo “I Camminatori” in anteprima e di presentarlo a Milano l’estate scorsa, e non mi perdo un racconto pubblicato dalla sua etichetta Future Fiction per niente al mondo.
Francesco lavora da anni per portare in Italia autori e autrici di fantascienza di tutte le culture, con le voci più diverse, con traduzioni nuove e dalle lingue originali. Il suo lavoro arricchisce il nostro panorama culturale sotto tanti punti di vista. Ed ecco come lo descrive lui stesso.
Ho iniziato a scegliere storie che fossero diverse da quelle che leggevo in quanto non ritrovavo nella Science Fiction pubblicata in Italia una grande varietà di temi, voci, lingue e culture.
Paradossalmente il genere che dovrebbe esplorare più di tutti mondi e scenari è quello che lo fa di meno, traducendo quasi esclusivamente da una lingua (l’inglese), due paesi (USA e UK) e una cultura, quella occidentale.
Così mi sono messo in cerca del resto del mondo e ho trovato cose meravigliose.
Seguo i premi di Science Fiction di molti paesi, leggo racconti pubblicati su riviste internazionali che traducono da varie lingue, sono in contatto con editor di piccole case editrici che credono nella biodiversità narrativa come me.
C’è un tesoro che aspetta di essere scoperto e vincere quest’anno il Premio Italia come miglior curatore è lo stimolo perfetto per continuare a portare altri mondi futuri in Italia.
Francesco Verso
Elena Di Fazio ha vinto il Premio Italia per il miglior romanzo di fantascienza italiano del 2018. Su Elena potrei dire molto, mi limito alle cose più importanti: per me è come una sorella, con lei ho fondato l’agenzia di servizi letterari Studio83, con lei ho pubblicato “Lezioni Sul Domani”, antologia di racconti scritti da entrambe e a quattro mani, con lei curo l’omonimo blog di fantascienza. Il suo romanzo vincitore “Ucronia” l’ho visto nascere, assistendo anche a un blocco creativo e al suo brillante superamento. “Ucronia” è già Premio Odissea 2017.
Ed ecco cosa ci racconta Elena Di Fazio:
Vincere il Premio Italia è stato un grande onore, perché si tratta di un riconoscimento molto importante all’interno del fandom fantascientifico.
Al tempo stesso, alla domanda “Come si vince il Premio Italia?” non saprei dare una risposta efficace e operativa.
A differenza dei concorsi, in cui si mette il proprio testo in mano a una giuria, e si può quindi lavorare su una serie di variabili più o meno definite (romanzi premiati in passato, gusti degli specifici giurati, rifinitura del testo), il Premio Italia è un riconoscimento dei lettori e, fatto salvo l’impegno a promuoversi, sfugge al nostro controllo.
Inoltre, parlando di un testo già edito, quindi lavorato anche da altre persone (chi lo ha editato, chi lo ha impaginato, chi lo ha venduto), entrano in gioco sinergie di professionalità che non appartengono solo a noi.
Posso dire che queste vittorie sono soprattutto giochi di squadra: e nella squadra includo tutte le persone che ci danno il loro sostegno, anche al di là del semplice voto. Grazie!
Elena Di Fazio
Questi tre commenti mi hanno decisamente chiarito le idee.
Alcuni concetti li reputo importanti: il sacrificio e la costanza, lo sguardo al mondo e la bibliodiversità, il gioco di squadra e la gratitudine per quello che succede anche al di là del nostro lavoro specifico e mirato.
Lavorare bene e dare valore a quello che si fa è sicuramente un buon tassello per costruire il proprio successo.
…e a volte fa anche vincere un bel Premio Italia! Meglio di così…
UPDATE: una sorta di conferma a queste mie considerazioni mi arriva da… un altro vincitore! Emanuele Manco, Premio Italia per il miglior articolo su pubblicazione professionale, mi ha mandato l’ultimo contributo di questo post. Quello definitivo, direi.
Come si vince il premio Italia?
Essenzialmente facendo le cose, non è che ci siano tanti segreti.
Credo che il mio percorso con il Premio Italia sia cominciato frequentando le Italcon ovvero le convention italiane della fantascienza. Era il 2008 quando andai per una volta a Fiuggi, non ero ancora direttore di niente, avevo scritto a malapena qualche articolo su Delos SF e pubblicato un racconto o due.
Nel 2009 tornai come direttore in pectore di FantasyMagazine (che avevo cominciato a co-dirigere a gennaio dello stesso anno) e lì fu annunciato il mio incarico. Le candidature a premi sono cominciate già nell’anno successivo, con quella a curatore della rivista, e per la rivista stessa. Negli anni successivi ho avuto qualche altra candidatura, un anno almeno quattro in diverse categorie, e poi ho vinto un premio come curatore e due premi per articoli su robot e fantasy.
Non credo che esista una ricetta per partecipare al Premio Italia. In molti lo chiedono non sapendo che non c’è una tassa d’iscrizione, non c’è un luogo, un sito, un posto in cui iscriversi. Sicuramente frequentare le convention, farsi conoscere, far conoscere quello che si fa è fondamentale.
Inutile nasconderselo, alla fine ci possiamo dare da fare per ottenere una buona (spero) qualità di quello che facciamo, ma in realtà molto del Premio Italia dipende da quanto quello che facciamo sia conosciuto.
Ma conosciuto da chi?
I numeri del Premio Italia sono stati per anni poche decine di partecipanti, forse un centinaio, forse 200 al massimo, ora siamo su una base di circa 4000 aventi diritto, comunque credo che l’ordine di grandezza del corpo votante sia delle centinaia.
Questo cosa significa? Che il Premio Italia non vale niente? Non vorrei sembrare ingrato o polemico, ma oggettivamente il dubbio che quello che si è scritto talvolta non sia importante può venire. Qualche partecipante alle convention mi ha rassicurato che non è stato così, che non è vero, che non avrebbe vinto un articolo che contenesse per esempio lorem ipsum, e che alla fine quello che scritto aveva il suo valore. Io sto in fiducia e ringrazio chi ha contribuito a farmi vincere, senza polemiche o ripensamenti.
In conclusione, scrivere, organizzare o partecipare a eventi, essere un po’ presenzialisti, e non risparmiarsi la fatica sembra la ricetta migliore, nonostante tutto. Sicuramente è necessario, anche se forse non sufficiente, ma da qualche parte deve pur cominciare.
Emanuele Manco