Qualche giorno fa, una testata nazionale ha pubblicato un articolo in cui il giornalista Massimiliano Parente ha attaccato direttamente alcune book blogger: lo ha fatto mettendo alla berlina il loro “essere carine”, con tono sarcastico, argomenti discriminatori e offensivi, e facendone direttamente i nomi e cognomi, anche nel caso in cui le donne usino pseudonimi.

Non ho intenzione di linkare l’articolo in questione. Non è difficile trovarlo online se fai una ricerca.
Cito giusto qualche chicca:
Questa Capria è una book influencer, una nuova meravigliosa professione del nulla, e parla solo di libri scritti da donne. Immaginatevi il contrario, se un critico, un giornalista, uno scrittore, dichiarasse di parlare solo di libri scritti da uomini.
Donna Moderna (chi altri sennò, mica Alberto Arbasino) spiega:
… e tu senza vedere la foto pensi stia parlando di Céline, di Thomas Bernhard, di me, invece no, è l’ultimo di Elena Ferrante. Che però in effetti per appoggiarci la colazione va benissimo.
Ho pensato: c’è un uomo, magari influenza l’influencer donna e viene fuori qualcosa di diverso.
Morale della favola e consiglio rivolti a tutte le commesse e vetriniste d’Italia: se vi siete stancate del vostro lavoro, andate su Instagram e diventate delle book influencer.

A un certo punto, Parente nomina anche un book blogger maschio (quello che dovrebbe migliorare la donna), e ne femminilizza il nome: dovrebbe essere uno spregio, il classico spregio maschile nei confronti degli uomini che si macchiano di “solidarietà con la nemica”, tanto per capirci. E fa pena come tutto il resto, perché, ricordiamocelo: le offese o supposte tali non qualificano chi le riceve, ma chi le fa.
La cosa divertente dell’articolo è il brivido di Parente quando riporta il numero di follower dei profili: perché, viene da pensare, è questo che lo ha fatto davvero arrabbiare.
Meno divertente è l’impegno nel citare il fatto che molte blogger si occupino per scelta di libri scritti da donne: secondo Parente, è un atteggiamento sessista.
“E se lo facessimo noi uomini?”
Mi riempie di tristezza constatare che le donne sono sempre state escluse dai discorsi degli uomini, è stato loro impedito di pubblicare, di scrivere, sono state tenute fuori dalle scuole, sono state in ogni modo discriminate e tenute fuori dagli ambienti culturali in ogni epoca.
Quelle che in passato hanno cercato di entrare in ambienti “maschili”, cioè colonizzati dagli uomini, sono state ostracizzate, sfruttate, ostacolate, denunciate, incarcerate, stuprate, ammazzate.

Quindi, egregio signor Arbasino, pardon, buon Parente: voi lo fate già, lo avete sempre fatto, e questo articolo è la prova che alcuni di voi continuano a farlo e soprattutto non vogliono metterlo in discussione.
L’unica cosa più triste di questa è lo sforzo sovrumano di mistificazione della realtà che oggi moltissimi uomini, pure colti e intelligenti, si sentono costretti a fare, per calmierare un po’ l’intima paura, lo smarrimento esistenziale che li coglie alla gola, nel vedere donne fuori dalla cucina, che si esprimono senza chiedere il loro permesso, che parlano di libri molto meglio di loro e che forse, chissà, fanno tutto questo esclusivamente per castrarli!

Le risposte a questo articolo offensivo della dignità umana (eh, sì: le donne sono esseri umani) sono molte, e le sto leggendo con interesse e sollievo. Purtroppo sono per lo più sui social, luoghi impermanenti per definizione dove tutto si mescola e sparisce nel marasma delle timeline.
(E qui un appello: torniamo anche sui blog, ragazze, perché i social non sono casa nostra e non lasciano traccia di parole né di battaglie!)
Qualche tempo fa abbiamo scritto un articolo anche noi, proprio relativamente al supposto sessismo legato al parlare di donne: Antologie al femminile: è discriminazione?

In esso abbiamo parlato di cos’è il sessismo, di che cosa significa discriminare e di qualche fatto accaduto davvero, tanto per fare qualche esempio.
Se l’antologia è di soli uomini viene considerata la normalità, se è di sole donne viene percepita come una forzatura. I cataloghi e gli scaffali sono pieni di antologie scritte solo da uomini. Perché?
Antologie al femminile: è discriminazione?
L’articolo è stato poi pubblicato in forma aggiornata sulla rivista Robot n.87, nella sezione “polemiche”. Che fosse o no una polemica, nel nostro articolo siamo riuscite a non offendere né perculare aggressivamente nessuno, quindi la cosa è possibile anche per gli esseri superiori che giocano a Call of Duty con Gipi e leggono Pasolini seppure con la nausea.

Sento necessario esprimere tutta la mia solidarietà alle persone offese da Parente: Carolina Capria, Petunia Ollister, Julie Demar, Veronica di icalzinispaiati, Libriamociblog, e anche le commesse e le vetriniste. (Bravo, Parente! Perché non abbinare al maschilismo anche il caro, vecchio classismo?)

Forza, ragazze. So per esperienza che essere infamate online non è piacevole e può rovinare la giornata. In questo caso, il risalto che vi è stato dato indica che il vostro lavoro è importante e che a qualcuno provoca qualche brividino inconsulto.
E ricordate, ricordiamocelo tutte: quello che abbiamo ce lo siamo prese.

Leggi qui la storia di Artemisia Gentileschi, non la sto citando a caso.