“L’ultimo respiro del drago” (Marsilio editore) è un giallo di Qiu Xiaolong, autore shangaiese che scrive in lingua inglese.
Ambientato a Shangai, segue le indagini dell’ispettore Chen Cao, protagonista di questa e di altre storie della serie.
Ho letto anche un altro paio di romanzi di Qiu Xiaolong: mi piacciono moltissimo, perché mi trasportano in un mondo assolutamente diverso dal nostro, seppure contemporaneo.
Anzi, si potrebbe dire che la Shangai di Chen Cao è ancora più “contemporanea” della nostra vecchia Europa, perché scenario di cambiamenti tecnologici e sociali profondissimi, che spesso da questo punto di vista sono traino del resto del mondo.
Allo stesso tempo, Shangai e in generale la Cina vivono sotto la dittatura del Partito Comunista e dei suoi mille funzionari, perennemente in lotta tra loro per il predominio, per il successo, ma anche per la sopravvivenza o, come nel caso di Chen, per la verità nonostante tutto.
Chen Cao è un funzionario di polizia, ma non può “solo” indagare, come nei “nostri” gialli. Sa bene di essere dentro un sistema molto complesso, articolato, delicato.
Ogni movimento rischia di pestare i piedi a qualcuno, ogni ricerca rischia di scoperchiare influenze segrete e compromissioni, e bisogna misurare ogni singola parola.
Il misurare le parole, però, non è frutto solo di un clima di profondo controllo, ma anche della stessa mentalità cinese, definita da sempre “la cultura dello stratagemma”.
Non è bene parlare apertamente, né scoprire le proprie carte; chi parla bene è chi sa usare allusioni, allegorie, citazioni classiche, per mostrare e non mostrare, e in questo modo capire anche chi ha di fronte, sulla base delle reazioni che avrà, di quello che capirà.
Quando leggo i gialli di Xiaolong mi ritrovo in un mondo di rimandi e di suggestioni, un complesso e affascinante sistema di pensiero che mi fa entrare lentamentei, e che privilegia l’assonanza all’azione.
Le indagini infatti sono abbastanza semplici, perché non sono il solo punto della situazione, come accade in questo “L’ultimo respiro del drago”, il cui titolo originale (ricordo che Xiaolong scrive in inglese) è “Trattieni il fiato, Cina”.
Chen Cao indaga su alcuni omicidi molto strani che rischiano di sconvolgere Shangai e che hanno come vittima anche una giovane giornalista vicina al Partito.
Allo stesso tempo, un funzionario anziano, che è stato suo mentore, gli affida un incarico segreto molto delicato: quello di controllare una attivista ambientalista molto conosciuta, che sta per far uscire un documentario contro l’inquinamento, documentario che potrebbe imbarazzare il Partito.
L’inquinamento è infatti un assassino altrettanto temibile di quello braccato da Chen, e le sue spire attanagliano Shangai e la Cina intera: le descrizioni della città immersa nello smog, dove figure in mascherina emergono al’improvviso dalla nebbia venefica, sono memorabili e inquietanti.
Non facilita le cose il fatto che l’attivista da sorvegliare sia una vecchia conoscenza di Chen, e che Chen l’abbia un tempo amata – in un libro precedente: “Le lacrime del lago Tai” (“Don’t cry, Tai lake”).
Proprio dopo quella vecchia avventura, Chen pubblicò una poesia anch’essa sull’inquinamento, che ora torna all’attenzione del Partito e di cui gli si chiede conto.
Una caratteristica importante di Chen Cao, infatti, è che oltre a essere un poliziotto è un letterato: e così, possiamo anche godere di rimandi e citazioni alla cultura classica cinese, la più antica del mondo.
Anche i dialoghi sono delle perle, mi capita spesso di segnarmi proverbi e citazioni e di andarmeli poi a rivedere con calma. E davvero, mi sento un’esploratrice stupefatta di altri universi: è bellissimo!
Tornando alla nostra storia: il Partito affida a Chen la sorveglianza dell’attivista perché lo ritiene sensibile al problema dell’inquinamento, e quindi utile e obiettivo? Oppure si tratta di un modo per controllare anche lui, e vedere se si compromette?
E come mai gli omicidi, con alcuni aspetti particolari, vengono tolti alla sezione di Chen e affidati ad altri, lasciando Chen ai margini come consulente?
Come avrai capito, i gialli di Xiaolong recuperano la vocazione migliore del genere, quella della critica sociale e dell’esplorazione della “città”.
Città sia intesa come effettiva città esistente (e Shangai risalta molto, con la sua nebbia da inquinamento e il contrasto tra storia e modernità sempre al lavoro) sia come “sistema di valori borghesi” che strutturano non solo l’ambientazione ma lo stesso intreccio.
Da Wikipedia:
Nel contesto della censura operante in madrepatria, Qiu si trova in una posizione avvantaggiata nel suo intento di denuncia: in quanto espatriato, nel pubblicare in Occidente, egli non solo non si sottopone – come i colleghi in Cina – all’autocensura, ma ha anche possibilità di accedere a materiale introvabile, o difficilmente reperibile nel suo paese d’origine.
Qiu Xiaolong su WIKIPEDIA
Il doppio punto di vista che Qiu esprime nei suoi romanzi – quello di chi conosce profondamente la cultura e la storia del paese e dei personaggi narrati, in quanto nato e cresciuto in quel paese, e quello di chi guarda dall’esterno quella stessa realtà, perché vive altrove, nella condizione di espatriato – permette inoltre ai suoi romanzi di ottenere un alto grado di verosimiglianza, e di raggiungere un vasto e diversificato pubblico di lettori.
Il problema della censura e autocensura delle opere cinesi esiste. L’ho verificato nella fantascienza, è per questo che per il momento mi sono allontanata con un po’ di tormento dalla letteratura cinese fantascientifica, pure molto bella… Ma pensare di leggere delle veline, o anche solo dei testi vagliati da chi vuole educarci a utopie a propria misura, mi crea qualche problema di fiducia.
Leggere Xiaolong invece significa entrare in un meccanismo e guardarlo bene, senza veli e con la forza che solo la fiction può dare: la forza delle emozioni e dell’identificazione in chi soffre, in chi lotta, in chi si pone incessantemente domande senza risposta.
“Il respiro del drago” è un documento molto importante sulla questione ambientale in Cina: su come viene gestita dal governo, su come è affrontata dalla società civile e sul peso terribile che ha sulla vita di molte persone.
Ne consiglio quindi la lettura, insieme a un altro libro: “Il romanzo poliziesco contemporaneo tra tensione morale e impegno sociale” (Delos Digital editore) è un saggio di Dina Lentini che affronta i temi e le bibliografie di alcuni autori e autrici di poliziesco contemporaneo.
Tra loro è analizzato anche Qiu Xiaolong. Io l’ho conosciuto così, e sono molto grata a Dina Lentini e al suo saggio, che ho avuto il grande piacere di editare, per avermi riavvicinata a un genere che avevo lasciato da parte, e per avermi fatto conoscere il meglio del giallo di oggi.
E così, questo sabato di libri te ne consiglio due 🙂 Ho chiamato questa rubrica #libridelsabato. Fammi sapere cosa leggerai!
I miei prossimi appuntamenti. Ti ricordo che:
- parteciperò al panel di chiusura della convention Stranimondi, giovedì 8 ottobre alle 21:00, per parlare di solarpunk, un nuovo genere del fantastico che recupera l’utopia e l’ecofiction cercando soluzioni contro la catastrofe.
(Qui un approfondimento: Solarpunk, l’utopia che vuole esistere.)
Altri appuntamenti in preparazione…
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