Questo che mi pareva un romanzetto, alla lettura mi è piaciuto molto: ecco qualche nota su “Città di morte” di Madeline Ashby.
In originale, il romanzo si intitola “Company city”.
Le “Company city” esistono davvero, sono vere e proprie città aziendali in cui tutto ruota intorno a una precisa attività economica. Prima era la miniera, poi è diventato il fabbricone, oggi è la sede della multinazionale, che brandizza ogni cosa, e percola nella vita quotidiana con una vocazione totalitaria, ovvero cercando di colmare ogni significato e ogni momento della vita con la propria presenza fatta di loghi, mission, vision e tutte quelle altre cazzate che glamourizzano il controllo sociale.
Sarebbe il caso di recuperare il documentario “The Corporation”, uscito ai primi del 2000, che, oltre a farci camminare per le strade eerie delle Company Town, paragonava acutamente la corporation a una personalità psicopatica.
Alla luce del tracollo ecologico che si continua a perseguire a forza di “transizioni green”, quella della psicopatia patologica è una lettura ancora validissima.
Sotto questa luce possiamo gustarci anche questo romanzo di fantascienza, dove ci sono molte altre tracce interessanti: la disabilità, il sex work, il rifiuto del ruolo di vittima da parte della protagonista.
La recensione completa l’ho scritta per il post Lezioni Sul Domani, è abbastanza lunga, quindi la linko: Città di morte di Madeline Ashby
Già dalle prime righe del romanzo vero e proprio, poi, capiamo che Madeline Ashby ha scelto un ambito scottante, e molto accuratamente omesso dalla quarta di copertina del volume italiano: il mondo delle sex-worker.
Dalla recensione sul blog Lezioni Sul Domani
(Poi un giorno scriverò anche qualcosa sui personaggi “buoni” e sulla puerilità postmoderna di volerli a tutti i costi rovesciare in “cose proprio malissimo”: per fortuna ci sono anche romanzi come questo, coraggiosi e pieni di problemi, ma capaci di rappresentare scelte positive senza troppe pippe mentali.)
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