“Ascolta il mio cuore” ventisei anni dopo

Oggi mi sono imbattuta in un bell’articolo di Giuditta Ciani su “Il Libraio”: Rileggendo “Ascolta il mio cuore” di Bianca Pitzorno più di vent’anni dopo. Ben scritto e interessante, parla di un romanzo che ho amato e che, caso vuole, ho appena finito di rileggere a mia volta, ben ventisei anni dopo la prima! Avevo dodici anni, ora ne ho trentotto, per qualche altro mese.

“Ascolta il mio cuore” è stata la lettura serale alle mie figlie di queste ultime settimane (subito seguita senza soluzione di continuità da “Diana, Cupido e il Commendatore”).

Per le letture serali, un momento che ci piace molto, e che le mie figlie aspettano con ansia anche quando alle otto di sera mi vedono sui gomiti (lo prendo come un segno di apprezzamento verso la mia verve di lettura, diciamo così), alterniamo un po’. A volte propongono loro qualche libro, magari che hanno avuto in regalo: ho avuto la sventura di incappare in romanzetti piatti, sciapi e insulsi che sarebbero più utili sotto un mobile con una gamba più corta delle altre. Più spesso però propongo io, e per fortuna le due apprezzano. (E paragonano! In fondo, anche i libri brutti insegnano qualcosa).

Torniamo a noi. Mi è venuta voglia, dopo la lettura dell’articolo linkato sopra, di aggiungervi le mie impressioni, paragonando le due letture tra le quali passa davvero un mare di tempo e mutamenti.

Ecco le mie impressioni su “Ascolta il mio cuore” di Bianca Pitzorno, VENTISEI anni dopo!

Dal post di Il LIbraio

1 – Le ingiustizie sociali descritte, le angherie verso le impavide Guzzon Adelaide e Repovik Iolanda, mi hanno amareggiata di più, a tratti ho fatto persino fatica a leggerle. Sono molto più grande delle piccole vittime, e ora dalla parte di chi può e deve proteggerle, quindi ho vissuto le vicende in modo più militante, come direttamente interpellata.

2 – L’amicizia tra le proagoniste Prisca, Elisa e Rosalba e i loro traffici alle spalle degli adulti sono divertenti e appassionanti come allora. Davvero niente da aggiungere!
Belle storie, belle amicizie, relazioni forti che ho avuto anche io, e che ora non sono più tanto capace di creare ex novo. Né forse le rimpiango più di tanto, per mia natura non sono una nostalgica. Ho ripensato con affetto misto a rammarico all’amica che mi ha fatto conoscere il romanzo, questo sì, un’amica come Prisca, forte e undicenne… ci siamo perse per strada.

3 – Le “antagoniste” (bambine ricche e viziate, madri conformiste e miagolanti, adulti in generale, presi dalle loro cose grandi ma meschine al confronto delle questioni aperte dalla sincerità di Prisca, Elisa e Rosalba) sono dipinte a tratti forti, che ai miei occhi di adulta (grande e meschina?) paiono estremizzati, caricati.
Al contrario, le mie figlie non hanno esitato a inserire la maestra Argia Sforza e la tremenda Sveva Lopez del Rio nel loro pantheon di cattivi, e ora usano i loro nomi in insulti e perfidi paragoni rivolti alle loro antipatie.
Non si può che dedurne che sono personaggi riuscitissimi!
Mi viene da pensare che le sfumature richieste da un occhio adulto non sono così importanti per mentalità bambine: sarà forse perché, alla fine, il giusto e lo sbagliato sono concetti semplici e chiari, meno sfumati di quanto crescendo ci abituamo a considerarli?

4 – I temi di Prisca Puntoni quando li ho letti a dodici anni mi avevano fatta letteralmente impazzire: io ho iniziato a scrivere a undici anni, avevo quindi appena scoperto la scrittura e come Prisca riempivo fogli protocollo di intrecci “sopra le righe”. Le sue righe, quelle di Prisca, me le rilessi persino più volte.
Mi vergogno di ammettere che leggerle ora ad alta voce mi ha annoiata tantissimo. Forse la mia noia era visibile, forse le mie figlie non hanno l’animo da scrittrici, tant’è che a volte hanno sbuffato anche loro (più la piccola, la grande apprezzava l’inventiva).

5 – La situazione dell’Italia appena uscita dalla guerra, Elisa orfana dai bombardamenti, i poveri, le migrazioni dai paesi, la servitù nelle case… tutto questo a dodici anni mi è completamente scivolato sopra, se avessi letto di Sandokan nella giungla a livello di ambientazioni sarebbe stato ugualmente significativo.
Leggendo ora non mi sono messa a fare lezioni, giusto qualche infilata, con discrezione. Quando ho affrontato “La bambina e il falcone” sempre di Bianca Pitzorno mi sono lanciata in appassionate rievocazioni di usi medievali, per poi ritrovarmeli anche sulle pagine, da leggere di nuovo 🙂 così ho imparato che bisogna far parlare il testo, ed eventualmente riaprire gli argomenti a lettura terminata.

5 – Si vede ciò che si è in grado di vedere, si nota ciò che già in parte si conosce: i capannelli di mamme, con le loro conversazioni rimasticate, i loro toni perbenisti, i loro intenti pseudoeducativi, a dodici anni mi facevano rabbrividire, a trentotto… pure! La differenza è che oggi capannelli del genere li trovo anche nella vita vera, e li evito convintamente.
Forse il non essermi abituata a dire banali ovvietà sui cazzi degli altri è una cosa di cui dovrei essere felice, o forse io ho imparato a fare di peggio. Mamma, mi ha detto qualche tempo fa la mia figlia grande, se esiste la reincarnazione tu in una vita futura sarai ricchissima, perché sei una persona che fa tanto per gli altri, e sarai anche muta, perché quando entri a casa ti sento dire certe cattiverie…

Prisca, Rosalba ed Elisa.
Le illustrazioni di Quentin Blake sono sempre fantastiche

Anche rileggere “Diana, Cupido e il Commendatore” è stato interessante, l’intervallo di tempo è quasi lo stesso. E però “Ascolta il mio cuore” resta inarrivato: forse perché la maestra Sforza è una nemica di tutto rispetto, o magari per il legame che passa tra le tre amiche, e per la simpatia di Prisca, una “ragazza ribelle” della mia generazione, che ha insegnato ai nostri cuori come battere di fronte alle ingiustizie.

Ora ho sul comodino “Il sogno della macchina da cucire” ancora da iniziare, e una voglia pazzesca di prendere in biblioteca “Sortilegi” e attaccare quello. Tu cosa mi consigli? Li hai letti? Da cosa inizio?

Quello di cui sono sicura è che Bianca Pitzorno è una narratrice che non delude e si misura sempre con tematiche importantissime, senza esitare né averne paura, affrontandole con grazia, pietas e sete di verità.

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