Consiglio di lettura: “Di zecche, mine e scarafaggi” di Enrica Zunic’

È uscito ieri un racconto che ti consiglio di non perdere: “Di zecche, mine e scarafaggi” di Enrica Zunic’, una delle migliori penne della fantascienza italiana.

Su Fantascienza.com Silvio Sosio la definisce così: “Una di quelle autrici di cui vorresti leggere sempre di più, ma che ahimè ‘produce’ molto poco.”

Questo racconto fu pubblicato sulla rivista ROBOT qualche anno fa: sono davvero felice di averlo “recuperato” e di poterlo offrire di nuovo al pubblico, nella nostra collana Futuro Presente – Delos Digital.

Perché, come la migliore fantascienza, è un racconto che non passa, che sembra scritto per il qui e ora, che non teme obsolescenza.

E qui ci aggiungo un: ahimé! Sì, perché Enrica Zunic’, autrice di “infinita umanità, grande cuore” e con un “amore universale nei confronti dei deboli e degli inermi” (parole che Franco Forte ha scritto su di lei nell’Urania Millemondi “Primo Contatto” di luglio 2022) nelle sue storie parla spesso di diritti umani, di violenza della società, di prepotenza e sopraffazione.

Questo “Di zecche, mine e scarafaggi” non fa eccezione e ci ricorda che spesso il primo innesco della violenza sta nel linguaggio, e che ogni piccolo passo in favore della discriminazione è un passo in più verso un abisso che non chiede certo il permesso per inghiottirci e soverchiarci all’improvviso.

Un esempio, insomma, di quanto ancora la distopia possa parlarci: grazie a storie come queste la distopia non ha ancora perso.

Magari affronterò di nuovo questo discorso, mi rendo conto che questa ultima affermazione è forte, e mi ritengo in grado di argomentarla.

Ma non ora.

Ora non voglio togliere spazio al mio spassionato CONSIGLIO DI LETTURA, e all’ammirazione verso questa storia che chiede ascolto.

Sono immensamente grata a Enrica Zunic’ per averla scritta e per avercela mandata.
Grazie, grazie infinite, Enrica!

La consapevolezza di essere visibile e inerme, come un nido fra i rami d’inverno, lo colpì come una bastonata e lo fece crollare a terra. Restò disteso a lungo, senza sapere che fare, ma non poteva restare lì per sempre. Continuava a ripetersi: “sei sotto choc, datti tempo” (…) Ma la testa era vuota.

Di zecche, mine e scarafaggi” di Enrica Zunic’

Davvero, non perdetelo!


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