“Le febbri della memoria” di Gioconda Belli – #libridelsabato

Giovedì 22 ottobre sono stata invitata a partecipare alla terza puntata del programma “HollyBook Party”, condotto da Mariana Marenghi e Manuel Figliolini per le pagine online della libreria Il Covo della Ladra.

Il mio ruolo specifico? Consigliare qualche bel libro da leggere alla fine della puntata, nell’angolo #trendsetter.

(Dato che i libri devono essere almeno TRE, il SETTER è il segugio della lettura con un fiuto sviluppato per le belle cose, immagino! 😛 )

Ve li racconterò uno alla volta, come #libridelsabato!

Il primo titolo che ho consigliato è “Le febbri della memoria” di Gioconda Belli, uscito per i tipi Feltrinelli nel 2019.

È un bel romanzo storico, narrato in prima persona da un antenato di Belli, del quale la scrittrice afferma di aver trovato il manoscritto in una scatola di biscotti. Che ciò sia accaduto oppure no non importa, perché la buona fiction sa essere vera anche quando non è reale.

L’uomo che racconta la sua storia è il duca e Pari di Francia Charles Théobald Choisel de Praslin, personaggio storico realmente esistito: nel 1847 venne accusato dell’omicidio di sua moglie e si avvelenò con l’arsenico prima del processo.
Questo provocò sdegno nell’opinione pubblica, che accusò il re Luigi Filippo I di Orleans di aver consentito al duca di sfuggire al giudizio, persino di scappare. Lo scandalo contribuì all’esasperazione antinobiliare che sfociò poi nei moti del 1848, culminati nella fuga del re.

Nel romanzo (forse nella realtà? Praslin è davvero antenato di Belli?) Praslin sopravvive al tentato suicidio e viene effettivamente aiutato dal re Luigi Filippo I di Orleans a riparare in Inghilterra.
Lì, si riprende assumento una identità borghese e il cognome, emblematico, di Desmoulins (come il celebre rivoluzionario del 1789). Inizia poi una serie di viaggi-fughe, che lo porteranno alla fine in Nicaragua.

“Le febbri della memoria” è un romanzo che si ama subito e che ci fa identificare con il protagonista, che ha una voce alla quale ci affezioniamo rapidamente. Ed è una cosa eccezionale, almeno per me: per quanto mi riguarda, un altero e straricco nobile francese del XIX secolo è la persona che butterei dalla torre al posto di chiunque altro.

Eppure, la penna di Belli riesce a dagli uno spessore e soprattutto un’identità che acquista profondità proprio nel momento in cui Praslin perde la sua identità precedente.

L’uomo si ritrova nel mondo senza un nome, senza un modo di essere, nella necessità di inventarsi daccapo prima una maschera, poi anche una personalità.

Anche Gioconda Belli, che ha avuto una vita da partigiana oltre che da scrittrice, ha dovuto vivere sotto falso nome e fuggire, ed è interessante questa sua rielaborazione dell’esperienza, attraverso la voce di un uomo e l’escamotage di una memoria familiare, una questione quasi privata, rispetto all’epopea politica di Belli.

Copertina del momento #trendsetter in Hollybookparty #3

Dalla voce di Praslin-Desmoulin conosciamo inoltre  alcune donne eccezionali, e realmente esistite, che contribuscono alla sua “ricostruzione” nella misura in cui lo spiazzano.
Sono personaggi forti, lo mettono in crisi e si fanno da noi conoscere in questo modo, nella misura in cui Praslin ne nota le particolarità.

Discorso diverso per le due donne del passato di Praslin, la moglie Fanny e l’istitutrice Henriette, figure pure forti, ma in senso negativo: tutto il passato di Praslin lo è, l’uomo è cresciuto in un mondo rigido, perbenista, preordinato, che non richiede anima e anzi la soffoca.
E Belli sembra suggerirci che in questo mondo le donne forti pagano il prezzo peggiore, perché per loro, orribilmente oppresse ben più degli uomini, l’unica strada per reagire è una strada estremamente distruttiva.

In quel momento provai odio per tutto il genere femminile e per l’insidioso potere che le donne esercitavano su di noi. In quanto padre di varie figlie, avevo sempre cercato di essere generoso e galante con le signore. Non ero come quelli che in loro vedevano solo oggetti di piacere o di servizio, o che le consideravano creature banali e frivole, incapaci di pensare ad altro che al proprio aspetto o a sposare un buon partito. Mi affascinava la combinazione di senso pratico e romanticismo con cui elaboravano le fantasie più assurde. Ma mi spaventava la loro ferocia, il fatto che fossero capaci di vendette ordite con la stessa cura che usavano nei lavori di ricamo. Altro che sesso debole. Quando si mettevano di impegno, ci schiacciavano. Per fortuna solo poche sapevano di avere quel potere.

“Le febbri della memoria” di Gioconda Belli, Feltrinelli 2019

Il romanzo ha anche delle descrizioni, molto belle nella prima parte “inglese” e nella parte finale nicaraguense assolutamente meravigliose: a un certo punto mi hanno persino mossa alle lacrime, perché nel parlare dei colori e della natura dirompente del Nicaragua ho percepito un amore quasi doloroso della scrittrice per la sua terra natia.
Un amore che riconosco, che provo anche io, verso un posto che però non ho ancora trovato: questa sorta di nostalgia al rovescio mi rende molto sensibile al trasporto verso i luoghi.

“Le febbri della memoria” è insomma un romanzo bellissimo, appassionante, scritto magistralmente, che ci fa riflettere sul concetto di identità e sulla forza che abbiamo nel cuore, e che può aiutarci : non sempre a superare, ma almeno a convivere con le nostre ferite del passato.

Un momento di Hollybookparty #3 🙂

(Magari ogni tanto, di sabato, ti segnalerò qualche bel libro. Ho chiamato questa rubrica #libridelsabato.)

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