Ringrazio il maestro (per me lo è) Majid Valcarenghi per queste riflessioni, che ha pubblicato sui suoi profili social e che riporto qui di seguito.
Ho atteso dì condividere sulla vicenda del Dalai Lama e del bambino, perché prima volevo avere informazioni dettagliate sull ‘accaduto, bene conoscendo la potenza manipolatoria del giornalismo a caccia di scoop, pur essendo rimasto sconcertato dal frammento dell’immagine del bambino di fronte al Dalai Lama con la lingua dì fuori e l ‘invito, sia pure scherzoso a succhiarla. E ho fatto bene, non perché, avendo avuto la fortuna di averlo incontrato, e averlo sentito più volte, non mi corrispondeva davvero, l’immagine del Dalai Lama satiro libidinoso, ma perché istintivamente, conoscendo come gioca l’ informazione, non ho voluto dare credito a ciò che appariva. ( Nulla è come appare , lo sappiamo..). Da subito mi sono detto, cerchiamo di capire, approfondire, conoscere quello che è accaduto.
Grazie alla newsletter di Piero Verni e Mottolin e all’intervento di Italia Tibet di Claudio Cardelli e altri amici oggi sono in grado di spogliare il Re e mettere a nudo il meccanismo manipolatorio dì questo caso.
Il primo dato da evidenziare, vedendo tutto il video dell’incontro e non solo il frammento, è come l’energia e la attitudine del Dalai Lama, durante tutto l’ incontro col bambino, fosse evidentemente innocente, giocosa e tenera senza nessuna ombra libidica. Nel momento di quella frase e quella immagine su cui si è basata la manipolazione, va notato che il bambino non ha mostrato il ben che minimo disagio, non tanto nel non ottemperare all ‘invito, ma manifestato nel successivo affettuoso saluto fronte a fronte con il Lama sorridente.
Infatti, cosa che comprova questo fatto, il giorno dopo l ‘incontro sia la madre che il bambino hanno inviato un messaggio al loro leader spirituale, di ringraziamento per l’avvenuto incontro tanto desiderato da entrambi.
Quella che nella newsletter e nella dichiarazione di Italia Tibet viene poi descritto è come sia patrimonio della cultura tibetana il mostrare la lingua in segno di affetto (al contrario del significato della nostra cultura) e come il bacio sulla bocca familiare e l’invito amorevole a ” mangiarsi la lingua” padre e figlio, faccia parte di questa cultura, senza nessuna connotazione sessuale.
Un altro tassello della manipolazione, e ‘stato Il presentare nella comunicazione mediatica, la frase dello succhiare, accompagnata dalle scuse successive del Dalai Lama.Come se la guida spirituale del buddismo tibetano si fosse reso conto di aver fatto qualcosa di sconveniente e avesse voluto rimediare , scusandosi con il bambino.
Non è andata così. Le scuse sono state espresse nei confronti di chi, in Occidente, si fosse potuto sentire ferito da questo gesto incompreso, non quindi per un presunto pentimento e men che meno le scuse erano rivolte al bambino.
Una riflessione che ho sentito di volerla condividere anche nei confronti di tanti amici altrimenti attenti a non farsi manipolare dal main stream su guerra,covid,, politica etc.. Qui credo abbia giocato l ‘entroterra culturale che abbiamo maturato in questi decenni, a fronte della perversione pedofila ampiamente diffusa, a causa dell’ obbligo al celibato, tra i preti cattolici e coperta dalle gerarchie vaticane. Ma anche per.nsando agli episodi di pedofilia “dolce” ma con effetti comunque traumatici per gli adolescenti, accaduti negli anni ’80 a Puna e a kosuhan in Inghilterra , da parte di alcuni sannyasin.
Ho letto troppi commenti a caldo dì amici, che vedevano comunque, un elemento di abuso nei confronti del bambino, inconsciamente condizionati da queste vicende. E credo anche per la connotazione sessuale che noi diamo alla lingua,nella nostra cultura che poi non è certo immune da un forte condizionamento sessuofobo.
Poi il mio pensiero va anche agli amici buddisti italiani che hanno sofferto il dileggio mediatico ( vergognosa la Littizzetto da Fazio) della loro massima guida spirituale e come ricorda l ‘amico Verni , il silenzio mediatico che in questi anni ha accompagnato le decine di monaci tibetani che sì sono dati alle fiamme per denunciare l’oppressione del loro popolo da parte Cinese e ora questo linciaggio sul nulla.
Vorrei molto infine, che questa mia riflessione, non venisse interpretata come un giudizio di chi ha voluto vedere il torbido nel gesto e nelle parole del Dalai Lama, vorrei fosse accolto come un invito a non reagire a caldo su fatti che non comprendiamo, commessi da Maestri spirituali, ma dì darsi più tempo e spazio e poi magari, accettare di non essere in grado di capire. Non è certo questo del Dalai Lama il caso per me, ma per esempio, a me è accaduto invece nei confronti del mio amato Maestro.
Io ho letto giusto qualche racconto tibetano, non sono esperta di quella cultura, l’ho solo intravista alla lontana. E però mi è stato subito chiaro che il gesto del Dalai Lama fosse un qualcosa di “usuale”, che appartiene a una cultura a noi lontanissima, e che noi (anche molto immersi in nostre lenti ossessivamente sessualizzanti) non cogliamo intuitivamente.
Da qui al torrente di fango che c’è stato, ci passa ben più di un continente. E il fatto che, considerando quel gesto un abuso sessuale, non ci si sia posti problemi di condividerlo, repostarlo, linkarlo, mi fa pensare che in fondo il bene del bambino, ritenuto vittima di quella molestia, non sia stato in cima alle priorità di chi buttava sassi, né considerato sotto una luce di protezione e cura.
Si fa prima a buttare sassi, no?, poi chi s’è visto s’è visto, pazienza se una vittima viene ri-vittimizzata e spalmata ovunque, io la mia buona azione l’ho fatta, vergnogna, al rogo, al rogo!
Questo squallido automatismo mi fa pensare al verdetto del Re Salomone: la falsa madre non esiterebbe a far segare a metà il piccolo, purché “il giusto” trionfi.
A quanto scritto da Majid vorrei comunque aggiungere una mia puntualizzazione: a mio avviso l’atteggiamento tranquillo del bambino e i ringraziamenti della madre non sono così dirimenti, non possono essere usati come “prove” decisive: perchè in tante culture e società diverse i deboli non possono che ringraziare e sorridere anche quando sono abusati. E i bambini sono i deboli in qualsiasi cultura, anche in quella cattolica, per non parlare di quella social. (Ve lo buco, ‘sto tasto “condividi”!)
A parte questa mia considerazione, ringrazio e stimo Majid per questo post. Spero che impariamo a respirare e viaggiare con il pensiero, prima di indignarci e buttare merda, come siamo spinti a fare da un sistema che con la nostra agitazione ingrassa e prospera come un osceno parassita. (Osceno anche perché “fuori scena”. Non lo vediamo. Ma un campanellino riusciamo a sentirlo? Dopo quanto, vent’anni di questa follia? Je la famo?)
La nostra calma. La nostra determinazione nella ricerca del vero. La nostra riflessione a bocce ferme. Il nostro coltivare l’analisi e la ricerca. Tutto questo rende più efficace e decisivo anche il proteggere i deboli e contrastare gli abusi.