Sabato horror! Oggi ti parlo di un romanzo breve che si legge con molto piacere e che mi ha ricordato, in positivo, le scene apocalittiche di “Magdeburg” di Altieri.
Un colonnello mercenario al soldo del voivoda di Visegràd (oggi nei dintorni di Pest, in Ungheria) si trova a fronteggiare un esercito raccapricciante: i morti si risvegliano dalle loro tombe, seguendo dei misteriosi spiriti di fanciulle che li guidano, e hanno un grado di pericolosità che dipende dalla loro “condizione fisica”, per così dire.
Gli Halottak, morti da poco, sono praticamente quasi umani, veloci, scaltri e forti, una sorta di zombie alla “28 giorni dopo”; gli Holtesttek sono in stile Romero, messi male, lenti, deboli e un po’ ottusi. Interessanti i Rohadt Férfiak, praticamente dei pezzi striscianti, che ricordano più da vicino le leggende più oscure delle lande dell’Est.
A guidare queste armate infernali, ci sono le Szellemek:
…corpi disincarnati di giovani fanciulle, color del latte, semi trasparenti e senza sostanza, che volteggiavano in aria immersi in una gelida luce bianca, e con indosso abiti dello stesso colore dei loro corpi.
(..) Nessuno che fosse stato attraversato da una Szellemek era mai riuscito a raccontarlo.
Trovatosi in un villaggio che viene improvvisamente assediato da una armata di morti, il colonnello Demeter Jaksics deve guidare i suoi uomini senza farli impazzire, aiutato da un misterioso monaco pazzo e da un Ottomano preso prigioniero. Proprio agli Ottomani e ai loro incantesimi negromantici in molti attribuiscono la colpa del risveglio dei morti, ma la responsabile potrebbe essere molto più vicina…
Dalla prefazione dell’autore:
Nel momento in cui ho iniziato a mettere insieme le idee che sono poi confluite in questo testo, ho scoperto che invece Erzsébet è un personaggio ancora vivo, ricco di sfaccettature, e con ancora nuove storie da raccontare.
Storie, naturalmente, che data la leggenda nerissima della Contessa Bàthory non possono che partire dallo stesso colore, e restare in ambito demoniaco.

La figura della contessa, già decaduta e murata nella sua torre per scontare il verdetto di colpevolezza, apre il romanzo con un prologo misterioso, e domina da lontano l’intera vicenda del risveglio dei morti, della battaglia dei mercenari e del loro viaggio in una terra già devastata dalla fame e dalla guerra, praticamente un cumulo di villaggi fumanti.
Questo scenario, appunto, mi ha ricordato quello della trilogia di Magdeburg di Altieri, ambientata alle stesse latitudini, una ventina di anni più tardi. Lì non ci sono zombie, e forse ci sarebbero stati bene, perché “Magdeburg” riflette la storia della Guerra dei Trent’anni un po’ come “Bridgerton” quella dell’epoca regency: ne usa ambientazione e mood immaginario, ma per il resto inventa, sconfinando in una sorta di ricostruzione fantastica a posteriori.

Fighera fa tutto questo in modo più scoperto, cosa che apprezzo: la buona ricostruzione storica viene fatta convivere con elementi fantastici basati su quel setting, sulle leggende del luogo e sulle condizioni difficili delle terre percorse da guerre intestine tra signori.
La battaglia contro i non morti nel villaggio infatti è solo l’inizio delle tribolazioni di Demeter, che muovendosi in terre infestate fino a un castello assediato (ma pieno di pericoli anche al suo interno, data la naturale doppiezza dei voivoda coinvolti) si trova a fronteggiare una sfida finale, nella “tana della lupa”: in una scena avvincente, onirica e orrorifica, che rende questo breve romanzo davvero memorabile.
Proprio per la potenza delle ultime scene, l’epilogo che insiste nel “chiudere” mi è parso di troppo: una ridondanza che trascina elementi superflui, inserita forse più per il desiderio dell’autore di omaggiare la figura protagonista, che per vera necessità narrativa. Si tratta comunque di un passo abbastanza breve, che non intacca una lettura affascinante.
Ambientazione ricca di suggestioni, mercenari in guerra, nobili corrotti, monaci pazzi e un mare di zombie, il tutto raccontato con stile e piglio sicuro: “La Contessa Bàthory” è una lettura che consiglio per staccare il cervello da qualsiasi cosa ti circondi e farti un viaggione nel tempo, nello spazio e nell’immaginazione, senza disdegnare azione e accuratezza storica.
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